by Sergio Segio | 28 Settembre 2012 7:23
«Vogliamo diventare un Paese amico delle start up». Vivere l’effervescenza di questo mondo di giovani e meno giovani in un momento di crisi strutturale — e non sono tutte rose e fiori perché comunque è dura e non c’è respiro, raccontava ieri Michele Ruini di Metwit — non è poco. L’evento organizzato da Populis è stato una kermesse di startupper, venture capitalist e voglia di prendere il sole romano. Gli Zuckerberg non c’erano. E nemmeno si respirava aria di Silicon Valley. Ma rispetto anche a solo un anno fa si notava la maturazione di un ecosistema che si sta modellando a immagine e somiglianza dell’Italia, con pregi e difetti. E in effetti le cose sono cambiate. C’e un ministro al quale onestamente bisogna riconoscere di aver ascoltato questo mondo lavorando con la task force coordinata da Alessandro Fusacchia per colmare le lacune normative e culturali. Il viceministro al Welfare, Michel Martone, dopo aver difeso la causa del contratto per startupper, ieri era sul palco del TechCrunch per dire che «per molti anni, in Italia abbiamo sacrificato delle opportunità sull’altare dei diritti». Quello del contratto è uno dei passaggi più delicati. Ma alla fine anche il ministro Elsa Fornero, correttamente preoccupata della coerenza della riforma che porta il suo nome, ha trovato una soluzione al tema della flessibilità che in un’azienda nella fase di start up è quasi genetica. Il decreto Sviluppo 2.0, di cui Agenda digitale e start up costituiscono rispettivamente cuore e anima, è chiuso. In alcuni punti è un buon compromesso, in altri può essere migliorato. Ma il vero pericolo potrebbe annidarsi nei prossimi giorni. Ieri mattina lo stesso Passera aveva giudicato «verosimile» il passaggio nel Cdm di oggi. Nel tardo pomeriggio il suo entusiasmo si deve essere smorzato. Oggi alla fine si analizzerà solo il passaggio sulla Croce Rossa. Allo stato attuale, nel decreto gli articoli sulle start up ci sono tutti, tranne quello del fondo dei fondi per il quale si è preferita la trattativa «privata» con Cdp. Tra i passaggi chiave quello del contratto di flexisecurity che permetterà di poter fare tutto tra i 6 e i 36 mesi. Passata questa asticella rimarrà un ultimo rinnovo fino al raggiungimento della soglia dei 48 mesi oltre i quali scatterà la tolleranza zero. O assunzione o nulla. C’è anche la norma sul crowdfunding. E, novità nel nostro ordinamento, sarà introdotto il diritto alla segretezza in caso di fallimento. Mentre su pressioni delle coop alla fine sono rientrate nella definizione anche le società di capitali costituite in cooperative. Ma ora l’effetto blitz è saltato. Il decreto andrà al Consiglio di giovedì, mentre il Quirinale sta monitorando con attenzione la questione. Tra le preoccupazioni ci sarebbero quelle per un eccessivo corpus nel decreto. Che si levi il resto. Ma non l’Agenda digitale per la crescita e gli articoli sulle start up.
Massimo Sideri
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