Stato d’accusa per Napolitano, decidono le Camere

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Per la prima volta dall’inizio della legislatura, si riunirà  domani mattina alle 8 il Comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa contro il capo dello Stato. A presentare un esposto contro Napolitano è stato l’avvocato Taormina, ex deputato e falco forzista, secondo cui il presidente della Repubblica avrebbe attentato alla Costituzione «tentando di interferire nell’attività  dei magistrati di Palermo che stanno indagando sulla trattativa statomafia ». L’organismo parlamentare, composto dalle giunte per l’autorizzazione a procedere di Camera e Senato, è presieduto dal senatore pd Marco Follini. Nel suo esposto, Taormina sostiene che Napolitano, con la telefonata partita dal Quirinale verso il procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito, e con la decisione di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Consulta, potrebbe aver «compromesso i principi di autonomia e indipendenza della magistratura» palermitana.
«Essendo stati violati non solo precetti costituzionali — sostiene Taormina — ma principi strutturali e portanti della Costituzione Repubblicana, non è dubbia la
configurazione del delitto di attentato alla Costituzione da parte del Presidente della Repubblica». Secondo quanto si apprende, tuttavia, l’intenzione del Comitato sarebbe quella di archiviare subito perché la denuncia «sarebbe fondata solo su alcune ricostruzioni giornalistiche». L’archiviazione potrebbe sfumare solo se qualcuno del comitato si opponesse, come ad esempio i dipietristi — da sempre critici con il Colle — ai quali spetta la vicepresidenza del comitato. Al momento,
tuttavia, il partito di Di Pietro non si sbilancia. «Non si conosce ancora il contenuto dell’esposto del cittadino Taormina — spiega il vicepresidente idv Luigi Li Gotti — per poterne valutare la fondatezza ». Questo Comitato s’è riunito pochissime volte nella storia della Repubblica, l’ultima avvenne nel ‘92 e riguardò Cossiga.
Presso la commissione Antimafia che indaga sulla trattativa stato mafia s’è svolto un indiretto dibattito tra Claudio Martelli e Giuliano Amato. Il primo ha accusato il secondo, premier dal giugno ‘92 e l’aprile ‘93, di aver detto il falso negando di aver ricevuto pressioni da Bettino Craxi per sostituire Martelli al ministero della Giustizia con Giovanni Conso. Secondo Martelli, per interrompere quella tremenda scansione di attentati, sotto il governo Amato fu attuata una strategia per la «normalizzazione del rapporto con la mafia» il cui «dominus» fu l’ex presidente Scalfaro.


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