Costituzione egiziana I diritti delle donne nel mirino dei religiosi
Mona Eltahawy è stata respinta perfino da molte femministe arabe. Ma che i salafiti nostalgici dei tempi di Maometto vogliano cancellare decenni di conquiste femminili è altrettanto evidente. Quanto sta avvenendo in Egitto lo dimostra al di là di ogni interpretazione: la commissione costituente che sta discutendo la nuova Carta, mesi dopo la soppressione di quella «di Mubarak», è diventata teatro di uno scontro mai visto sul Nilo. Gli estremisti islamici non sempre violenti ma comunque fautori della sharia nell’interpretazione più retriva, vogliono imporre una serie di norme che vanno dall’abolizione del minimo di 18 anni per il matrimonio delle ragazze alla depenalizzazione delle mutilazioni genitali femminili, da considerare una «questione privata». Non perseguibili devono essere le molestie sessuali alle donne («Stiano a casa»). Soprattutto: l’obbligo per lo Stato di «cercare la parità dei diritti tra i sessi» va cancellato, perché «anti-islamico».
I resoconti delle riunioni della costituente di 100 membri, in cui salafiti e Fratelli musulmani sono maggioranza, hanno causato indignazione sui media, dimissioni avvenute o minacciate di esperti, proteste (anche ieri). E come le manifestazioni violente anti-Usa per il video sul Profeta, sostenute sempre dai salafiti, stanno creando serie difficoltà al raìs-fratello musulmano Mohammed Morsi che ha promesso moderazione e rispetto delle «minoranze» (donne e cristiani). Ma che non riesce a gestire, o così pare, la crescente forza degli integralisti. «Una situazione sgradevole», ha dichiarato diplomaticamente Ahmed Maher, leader del 6 aprile ovvero il più importante movimento di Tahrir, che pur di cambiare sistema aveva votato per Morsi. Ma poi ha aggiunto che intende lasciare la costituente con almeno altri sei «membri laici».
L’offensiva dei salafiti non sorprende: già all’indomani della caduta di Mubarak, febbraio 2011, molte voci s’erano levate contro le «leggi di Suzanne». L’ex first lady, odiata dalla rivoluzione quanto il marito, sul fronte dei diritti di donne e bambini aveva però fatto molto. Oltre alle leggi contro le spose bambine e le mutilazioni, era riuscita a introdurre norme soprattutto a favore delle divorziate, alzando ad esempio a 15 anni l’età dell’affido dei figli alle madri. Con l’alibi che fu voluto da Suzanne Mubarak, ora tutto questo rischia di venir cancellato. Ma non solo questo.
La costituente, che l’Alta Corte potrebbe dissolvere il 9 ottobre per complicate questioni legali, sta dibattendo norme restrittive sulla libertà d’espressione, di ricerca scientifica e di culto, andando perfino contro alle posizioni di Al Azhar, la massima autorità religiosa. «È un’involuzione scioccante — ha commentato Mohamed Salmawy, noto scrittore e direttore del Comitato per la difesa della libertà d’espressione —. Questa gente è perfino più arretrata di quelli al potere con Mubarak».
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