Il corpo delle donne un’arma politica contro il potere maschile

Loading

Per le Femen, attraverso le proprie performance, si tratta di denunciare non solo il turismo sessuale, la prostituzione e la violenza contro le donne, ma anche la corruzione politica e gli estremismi religiosi.
Di fronte al maschilismo, alle ingiustizie sociali e ai regimi dittatoriali, le donne non possono più accontentarsi di scrivere libri, organizzare convegni o firmare petizioni. Ormai devono agire attraverso il proprio corpo. Non si tratta più solo di urlare per strada “io sono mia”, ma di spogliarsi e di sbattere in faccia agli uomini la loro impotenza. Se “io sono mia”, allora del mio corpo posso farne ciò che voglio: sedurti, provocarti, spiazzarti, deluderti, minacciarti. Se “io sono mia”, non ho solo la libertà  di abortire, ma anche quella di sfilarmi la maglietta e farmi fotografare a petto nudo per le strade. Allora perché non prostituirmi e non affittare l’utero? Per le Femen, le rivendicazioni dei movimenti abolizionisti non hanno senso: la prostituzione non è mai libera. Eppure, se il corpo diventa “mio”, è difficile impedire poi ad una donna che rivendichi di utilizzarlo proprio come vuole. A meno di non sovvertire i termini della lotta ideologica e smetterla di identificare la donna con il proprio corpo, lasciando agli uomini il privilegio della razionalità  e della libertà .
I rapporti tra corpo, donne e politica sono da sempre complessi e ambivalenti. Come spiega lo storico Ernst Kantorowitz, solo il corpo immateriale del sovrano garantisce alla Corona, e quindi allo Stato, dignità  e perennità . Ecco perché, quando un re muore, si può immediatamente acclamare il suo successore. Ma se l’unico corpo che conta è quello immateriale, che spazio possono mai avere all’interno della società  le donne, da sempre identificate alla materialità  del proprio corpo biologico? Non è proprio attraverso la fabbricazione di “corpi docili”, per utilizzare l’espressione di Michel Foucault, che il potere riesce a “controllare e punire”? Dopo secoli di separazione tra la sfera privata e la sfera pubblica, è nel corso del Novecento che il corpo materiale (e non più solo quello simbolico) appare sulla scena politica, facendo irruzione nelle lotte femministe. Dal corpo sfruttato nella dimensione domestica e nell’imperativo della riproduzione al corpo modellato dall’industria della bellezza e dalla chirurgia estetica, le logiche patriarcali hanno colonizzato il corpo delle donne. È quindi dal corpo che si deve ripartire, come spiegano negli anni 1960-1970 le femministe. Non solo perché “io sono mia”, ma soprattutto perché la donna è altro: altro rispetto ad un semplice corpo sottomesso alle leggi della riproduzione; altro rispetto ad un semplice oggetto di desiderio e di possesso; altro rispetto ad un corpo docile relegato nella sfera privata.
Ecco perché il corpo, in quegli anni, è in fondo solo un pretesto politico: alla base delle lotte femministe c’era sicuramente il bisogno di riappropriarsi della sessualità  e della maternità , ma c’era anche la volontà  di mostrare che la ragione incarnata delle donne poteva occupare la sfera pubblica senza che i meccanismi biologici ne determinassero il ruolo. Utilizzare il corpo come un’arma politica, come pretendono le Femen, non è allora un modo per ammettere che la donna non abbia più alcun modo per farsi ascoltare, invece che una maniera per attualizzare le lotte femministe? Non sarebbe meglio seguire l’esempio delle militanti queer, che cercano di dislocare il corpo rimodellandolo attraverso il pensiero, invece di metterlo in vetrina?
Simone de Beauvoir era stata la prima a spiegarlo in modo coerente e preciso: l’unico modo per promuovere la libertà  e l’uguaglianza è mostrare che la donna, proprio come l’uomo, non è solo un corpo, ma anche altro. Ecco perché focalizzarsi sul corpo femminile, anche quando lo scopo è la liberazione della donna, significa perpetuare i dualismi tradizionali che impediscono alle donne e agli uomini di costruire una società  in cui i corpi — tutti i corpi — non siano più addomesticati e resi docili alle logiche di potere.


Related Articles

Un nuovo cippo per Carlo Giuliani in piazza torna la voce di Don Gallo

Loading

 I portuali: “Un blocco di granito contro le teste di marmo”

 

PESANTE come il ricordo che porta con sé, da ieri c’è un blocco di granito nel verde di piazza Alimonda. Granito bianco, che quasi acceca quando il sole lì si riflette e riflette le parole “Carlo Giuliani Ragazzo”, tutto in stampatello, e la data che nessuno più dimentica, 20 luglio 2001.

Roma. C’è chi dice No alla riforma costituzionale di Renzi

Loading

Oggi in piazza a Roma i movimenti sociali (dai No Tav ai No Triv), molte reti di movimento, associazioni, studenti per il “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre

Chi, se non le donne?

Loading

Welfare e libertà . «Se non ora quando?» domani torna in piazza e convoca il primo appuntamento del dopo-Berlusconi. Per nominare le priorità  di fronte alla manovra. E ricordare che la crisi non si affronta senza le donne. O contro di loro

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment