Il piano del governo per la nuova Ilva: produzione a metà 

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ROMA — No allo stop dell’intera produzione per fermare le emissioni inquinanti, sì a una riduzione della metà . Per il caso Ilva ieri è stato il giorno della verità . A fronte dell’ultimatum (scaduto ieri) della Procura all’azienda, di bloccare impianti ed emissioni dannose per la salute, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha anticipato la linea del governo contenuta nella nuova Aia (Autorizzazione integrata ambientale) che dopo una conferenza dei servizi sarà  firmata il 17 ottobre. E che consente di continuare a produrre l’acciaio a patto di far scendere «da 15 a 8 tonnellate» la produzione, fermare e rifare le batterie 3, 4, 5, 6 della cokeria, adeguare la 9 e la 10, realizzare nuovi torri di spegnimento coke e non utilizzare il petcoke (derivato del petrolio che contiene benzopirene e altri inquinanti) e il catrame di cokeria per fini produttivi.
«Bisognerà  procedere subito alla copertura dei cumuli di materiali polverosi e al riposizionamento dei parchi, con una fascia di rispetto di 80-100 metri» ha aggiunto il ministro precisando che nei giorni ventosi, più critici, bisognerà  ridurre di un 10 per cento in più la produzione, «predisporre una doppia dose di filmatura, la bagnatura doppia delle piste e la riduzione della velocità  dei veicoli del 50 per cento». «Auspico — ha concluso — che con questa Aia l’azienda, la Procura e il gip possano giungere a soluzioni non conflittuali».
Ma l’autorizzazione prevede ciò che la Procura, in esecuzione del provvedimento del tribunale, ha espressamente vietato. Stabilendo che si lavori nello stabilimento solo per risanarlo e non per produrre. Per altro filtra scetticismo sulle cifre dell’Aia: non risulta che lo stabilimento, almeno di recente, sia mai arrivato ai 15 milioni di tonnellate di produzione. Ma nemmeno oltre i 10.
Cauto il procuratore di Taranto Franco Sebastio: «Non ci poniamo problemi in anticipo. Se da Roma arriveranno provvedimenti amministrativi li esamineremo con molta attenzione. Per ora la linea resta sempre quella: prendiamo atto e continuiamo a lavorare». E lavorare significa spegnere, anche se per farlo non basta un click. Ieri uno dei tre custodi giudiziari nominati dalla Procura si è recato nello stabilimento per verificare che la procedura sia avviata. E i magistrati sono in attesa di una relazione dei custodi su quella che viene ritenuta scarsa collaborazione dell’Ilva. L’ordine di servizio del presidente Ilva, Bruno Ferrante, avrebbe solo in apparenza messo a disposizione personale e risorse per lo spegnimento. Dei primi 400 milioni di euro promessi, solo 146 sono stati effettivamente stanziati. Una cifra assolutamente incongrua rispetto alle reali necessità  che, tra le procedure di spegnimento e di risanamento del siderurgico, potrebbero arrivare anche a 10 miliardi di euro.


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