La crisi globale distrugge 30 milioni di posti In Italia si riduce ancora il reddito pro capite

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TOKYO — Un debito monstre che ha ormai raggiunto «il livello più alto dalla seconda guerra mondiale»: Un esercito di nuovi disoccupati: 30 milioni di posti di lavoro persi nel mondo dall’inizio della crisi. Suona l’allarme al Fmi mentre l’Italia scivola e perde posizioni a livello internazionale in termini di Pil pro-capite: in dieci anni, secondo uno studio del Fondo, il paese è retrocesso al trentesimo posto, addirittura sotto la travagliatissima Spagna, l’Irlanda e le Bahamas. Il governatore della Banca d’Italia lancia un messaggio di ottimismo dalle colonne del Nikkei: «La situazione dell’Eurozona è migliore di un anno fa. In Italia ci aspettiamo una ripresa durante il 2013». E il ministro dell’economia, Vittorio Grilli: «Tra dieci anni ci renderemo conto che è stato fatto uno sforzo notevole».
Di fronte ai ministri e ai governatori di tutto il mondo, il numero uno dell’Fmi, Christine Lagarde snocciola un dato da brivido: nelle economie avanzate il debito ha ormai raggiunto il 110% del Pil, «è questo il più grande ostacolo alla crescita». Difatti l’economia langue: secondo calcoli presentati dall’Ilo non solo sbriciola posti di lavoro ma, per via delle misure anti-crisi costringe 900 milioni di occupati a vivere sotto la soglia di povertà , (2 dollari al giorno). A Tokyo, Grilli non solo conferma che le detrazioni avranno un effetto reale dal 2013 ma annuncia che le dismissioni vanno avanti e che «è quasi conclusa » la vendita di Sace, Simest e Fintecnica: porterà  nelle esangui casse dello Stato circa 10 miliardi.
Secondo il ministro tuttavia non è che il problema del debito si risolve così. E neppure se «il prossimo governo vendesse per esempio le quote di Enel e Finmeccanica, oggi non all’ordine del giorno». Per eliminare davvero questo Moloch serve «un programma pluriennale di dismissioni e una strategia di mediolungo periodo», l’unica credibile. In questa fase tuttavia, nonostante la crisi dell’economia e dell’occupazione, serve l’austerity, specie se davvero si punta a ridurre il peso delle imposte: «Si
può essere più dolci con le tasse solo con il rigore sulla spesa». Entrambe le cose, «non si possono fare». Il ministro riconosce che tanta severità  non aiuta la ripresa ma «non si poteva andare più lentamente» con l’aggiustamento di bilancio, visto quello che «è successo fino a luglio sugli spread e il deflusso di capitali». Perciò, «pensare di poter aumentare il deficit e farselo finanziare non era plausibile”. «Può essere frustrante, ma questa è la realtà . Dire in quel momento che ce la saremmo presa comodamente avrebbe terrorizzato i mercati».
Comunque, la recessione morde, da noi e in mezza Europa. Lagarde ammette che uscire dalla crisi «è una maratona, non uno sprint: potrebbero volerci dieci anni». La signora però è l’unica ad aver chiesto per il risanamento della Grecia un biennio di tempo in più, convinta com’è che troppo rigore finisce per soffocare l’economia. Ma il ministro tedesco Wolfgang Shaeuble le replica: «Quando si corrono i 42 chilometri di una maratona non ci si può girare e andare in un’altra direzione».


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