LA RIVOLUZIONE TRANQUILLA DI RAUL. SPUNTATE LE ARMI DEI DISSIDENTI

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LA VERITà€ è che Raàºl sta riuscendo nell’impossibile impresa di trasformare il colorito, imprevedibile, violento corso della vita cubana in uno dei Paesi più noiosi del pianeta. E con il fratello ancora vivo, quel Fidel che è stato uno dei più riusciti interpreti della politica come spettacolo. Finite le denunce e le accuse perché Cuba non lasciava viaggiare liberamente i suoi cittadini: a partire dal prossimo 14 gennaio se hai un passaporto valido, un visto e un biglietto aereo puoi andare dove ti pare. A partire da questo momento la responsabilità  di muovere i cubani nello spazio aereo internazionale non è del governo cubano, ma dei governi del resto del mondo. E, badate, non solo del governo degli Stati Uniti. Che le cancellerie occidentali si preparino, perché la brulicante moltitudine ha appena voltato l’angolo.
Potete immaginare in questo stesso momento che la notizia, che è stata accolta con gioia all’interno di Cuba, non è lo è stata altrettanto a Miami, dove più di un milione di emigranti cubani si guadagnano da vivere. Alla fin fine sono questi emigranti che dovranno aprire il portafogli per foraggiare i viaggi.
Altri benefici collaterali per il presidente Raàºl Castro: ripulire nuovamente il Paese di scontenti e «personale non gradito», ma in modo fluido e, se così si può dire, civile. Non saltuariamente, in mezzo a grandi crisi internazionali e con dispiegamento di mezza flotta statunitense nella Corrente del Golfo per fermare le ondate di
balseros.
Come nel 1980, quando le autorità  cubane consentirono l’espatrio di 125.000 persone verso gli Stati Uniti, lasciando uscire migliaia di «indesiderabili» in quello che passò alla storia come «l’esodo di Mariel», dal porto di imbarco cubano: ecco, se vogliamo questa decisione di Raàºl la possiamo definire un «Mariel silenzioso», ma in realtà  è un’idea molto più intelligente, perché non ha propositi tattici. È strategica. È a tutti gli effetti una legge, non un provvedimento eccezionale. Non mira ad allentare la pressione che minaccia di far saltare tutto, vuole essere qualcosa che entra a far parte della vita del Paese. Insomma, una di quelle cose che piacciono a Raàºl. Spettacolo zero. Si fa una legge e la si applica.
E se gli emigranti cubani del Sud della Florida vedranno assottigliarsi le loro riserve economiche, non saranno loro a subire il colpo peggiore. Sarà  la dissidenza interna. Sono loro che sono rimasti «appesi al pennello», come si dice sull’isola evocando l’immagine di una persona che sta dipingendo una parete e improvvisamente gli tolgono la scala da sotto i piedi. Insomma, l’assenza di drammaticità  per Raàºl va benissimo. Ma che nostalgia di Fidel, non è vero?
(Traduzione di Fabio Galimberti)


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