La strage senza colpevoli

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Con una decisione che ha subito provocato moltissime reazioni negative e grande emozione fra i sopravvissuti e i familiari delle vittime, la procura di Stoccarda ha archiviato l’inchiesta per la strage nazista di Sant’Anna di Stazzema. Insomma per la Germania non ci sono colpevoli per il massacro di 560 fra anziani, donne e bambini, avvenuto il 12 agosto 1944 nel paese toscano, durante un’incursione sulle alpi Apuane della 16ma divisione corazzata «Reichsfuehrer SS». Nel decidere l’archiviazione, la magistratura tedesca ha segnalato in primo luogo che non è possibile stabilire il numero esatto delle vittime. Soprattutto per la procura era necessario che per ogni singolo atto di accusa venisse comprovata la partecipazione dell’imputato alla strage. L’appartenenza di un militare alle unità  delle Waffen-SS, scrivono al riguardo i magistrati di Stoccarda, non basta da sola a dimostrare l’effettiva colpa individuale nell’esecuzione della strage. Da questa assenza di prove documentali comprovanti la responsabilità  individuale degli accusati ancora in vita, tra cui il novantunenne Gerhard Sommer, condannato nel 2005 all’ergastolo insieme ad altri nove imputati dal tribunale di La Spezia, deriva il non doversi procedere dei magistrati tedeschi. Del resto, anche dopo la sentenza la Germania aveva rifiutato l’estradizione di Sommer, che attualmente vive i suoi ultimi giorni in una casa di riposo ad Amburgo.
Fra le tante incongruenze della decisione della procura di Stoccarda, fa scalpore l’osservazione che non è stato possibile accertare con sicurezza che la strage sia stato un atto programmato e un’azione di rappresaglia nei confronti della popolazione civile. La fucilazione dei civili, secondo i magistrati, avrebbe potuto essere stata decisa solo dopo la constatazione che gli obiettivi originari dell’azione militare tedesca – la caccia ai partigiani presenti nella zona e la cattura di uomini da deportare in Germania per i lavori forzati – non erano stati raggiunti.
Tutt’altra la ricostruzione dei giudici italiani. Nel capo di imputazione del processo di La Spezia, chiuso con dieci ergastoli, si scrive nero su bianco che «fu una strage prevalentemente di anziani, donne e bambini», con il numero delle vittime indicato verosimilmente fra le 457 e le 560. I ragazzi e i bambini ammazzati furono 116, il più piccolo aveva solo 20 giorni. Sempre negli atti giudiziari viene sottolineato che l’eccidio venne compiuto «nell’ambito di un’ampia operazione di rastrellamento e annientamento pianificata e condotta contro i partigiani e la popolazione civile, sterminata senza necessità  e senza giustificato motivo, con crudeltà  e premeditazione». Tra gli episodi più cruenti quello compiuto alla Vaccareccia, località  dove cento persone vennero riunite in tre stalle e in un cortile e uccise con bombe a mano, mitragliatrici e fucili. Poi quello avvenuto davanti alla chiesa di Sant’Anna di Stazzema, dove più di cento persone che erano state prelevate dalle case circostanti furono riunite e ammazzate a colpi di mitra, con i cadaveri che in seguito furono bruciati. Un numero imprecisato di civili fu infine trucidato in altre località  della zona.
L’inchiesta italiana sulla strage fu aperta dopo il ritrovamento del fascicolo nel tristemente famoso «armadio della vergogna» e si concluse con dieci ergastoli. Otto i condannati definitivi: oltre a Gherard Sommer l’elenco comprende Werner Bruss, Alfred Concina, Ludwig Goring, Karl Gropler, Georg Rauch, Horst Richter e Heinrich Schendel. Per tutti loro la magistratura militare italiana ha inutilmente chiesto l’arresto, visto il rifiuto dei colleghi tedeschi all’estradizione.


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