Land Grabbing: chi ci prende la terra, ci prende la vita

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In questo momento, secondo l’International Land Coalition, nei paesi più poveri ogni 4 giorni un’area di terra più grande dell’intera città  di Roma viene venduta ad investitori stranieri che tra il 2000 e il 2010 hanno acquisito a livello globale “203 milioni di ettari di terreno, 106 dei quali in paesi in via di sviluppo”. Non è un caso, quindi, che ad essere colpita maggiormente dal land grabbing sia l’Africa: dal 2000 ad oggi, rileva la banca dati Land Matrix, oltre il 42% delle terre acquistate lo sono state in quel continente.

Il nuovo rapporto di Oxfam Chi ci prende la terra, ci prende la vita (.pdf) uscito il 4 ottobre avverte che di fatto solo pochissimi, se non addirittura nessuno, di questi investimenti sulla terra, “ha portato benefici alle comunità  locali e ha contribuito a combattere la fame”. Due terzi degli accordi sulla terra per uso agricolo, ha sottolineato l’ong, “sono stati conclusi in paesi con gravi problemi di fame. Solo una piccolissima parte di questa terra è stata usata per nutrire le persone in questi paesi o per produrre cibo da vendere nei mercati locali che ne avrebbero un disperato bisogno. Invece, la terra viene o lasciata incolta, gli speculatori aspettano che il suo valore cresca per poi rivenderla e farci un profitto, oppure la utilizzano prevalentemente per coltivazioni da esportazione o per usi agro-energetici, come materia prima per biocarburanti”. Con questo meccanismo Oxfam ha calcolato che gli affari legati alla terra siano triplicati durante la crisi dei prezzi alimentari nel 2008 e nel 2009, perché la terra è considerata un investimento sempre più redditizio, ma non esente da responsabilità  nell’impennata mondiale dei prezzi come da più di un anno denuncia in Italia anche la Campagna Sulla Fame Non si Specula che, con l’appoggio del Comune di Milano e la regione Lombardia, chiede di creare nuove regole che evitino la speculazione finanziaria in corso attraverso i titoli derivati e futures sui beni alimentari.

Una situazione preoccupante anche alla luce dell’attuale congiuntura economica. Per questo da due settimane è online una petizione di Oxfam per chiedere alla Banca Mondiale di sospendere i suoi investimenti e proteggere i poveri dal fenomeno del land grabbing. Oxfam ha iniziato questa campagna di sensibilizzazione in vista dell’incontro annuale della Banca Mondiale in programma questo fine settimana a Tokyo, il primo a tenersi dalla nomina di Jim Kim come presidente, nella speranza segni un primo passo verso la sospensione degli investimenti sulla terra da parte della Banca Mondiale. “Questo passo è necessario per inviare un segnale forte agli investitori internazionali, migliorare gli standard in materia di trasparenza, consultazione e consenso, diritto alla terra e sicurezza alimentare” ha dichiarato alla vigilia del Summit Elisa Bacciotti, responsabile della Campagna Coltiva di Oxfam Italia. “Una selvaggia corsa globale alla terra espone oggi molte comunità  locali alla fame, alla violenza e alla minaccia di una povertà  crescente ed estrema. Se succedesse nel nostro paese, grideremmo allo scandalo. La Banca Mondiale, che è sia un investitore diretto sia un consulente per i Paesi in via di sviluppo in merito alle acquisizioni di terre, ha la responsabilità  di evitare che l’accaparramento di terra diventi uno dei grandi scandali del XXI secolo, ha continuato la Bacciotti -. Sospendendo temporaneamente i propri investimenti nel settore e rivedendo le proprie pratiche, la Banca Mondiale può diventare un esempio per tutti gli investitori e i governi e incoraggiarli a favorire realmente lo sviluppo delle comunità  più povere”.

In questi ultimi 10 anni gli investimenti della Banca Mondiale in terreni agricoli sono aumentati del 200%, mentre l’International Finance Corporation, il settore della Banca che eroga prestiti al settore privato e definisce gli standard seguiti da molti investitori, ha dichiarato che dal 2008 in poi sono stati presentati soltanto 21 reclami per violazione dei diritti sulla terra da parte delle comunità  locali interessate dai progetti della Banca Mondiale. Un numero che con buona probabilità  sotto stima l’ampiezza del problema.

Anche per questo gli appelli di Sulla Fame non si Specula e di Oxfam e non sono i soli. Con la dichiarazione “Land grabbing by pension funds and other financial institutions must be stopped”, 65 gruppi europei e internazionali della società  civile, ambientalisti e contadini, compresi Friends of the Earth Europe, Re:Common, Slow Food e Mani Tese, hanno chiesto in giugno ai Governi e alle Istituzioni finanziarie europee “Di porre fine all’accaparramento delle terre finanziato dai fondi pensione, dalle banche e dalle compagnie di assicurazione”. Per Rachel Tansey, economic justice campaigner di Friends of the Earth Europe “i fondi pensione europei stanno guidando il land grabbing nel mondo, con impatti sociali e ambientali terribilmente seri. Chiunque abbia una pensione potrebbe essere implicato in violazioni dei diritti umani e nella distruzione ecologica. In un mondo dove un miliardo di persone già  soffre la fame, la terra deve rimanere nelle mani delle comunità  locali in modo che queste ultime possano nutrirsi in maniera autosufficiente”. Tra questi, anche alcuni fondi che gestiscono le pensioni pubbliche ha ricordato Slow Food: “In Danimarca per esempio, il fondo pensione Pka ha investito quasi 50 milioni di dollari nel SilverStreet Capital’s Silverland Fund specializzato nell’acquisizione di terreni agricoli in Africa”.

Insomma, nessuno è al riparo: fino a quando non si condividerà  un quadro legale che controlli la speculazione e obblighi gli organismi di investimento a una totale trasparenza, chiunque di noi può essere complice di questa ondata di speculazioni sulla terra. A pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’alimentazione occorre ripartire da questi appelli della società  civile per porre fine al fenomeno del land grabbing e sostenere maggiori investimenti a favore dei piccoli agricoltori. Unico rimedio contro la fame.

Alessandro Graziadei


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