Lo strappo del Cavaliere aiuta il Pd

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ROMA — La verità  la dice su Facebook il direttore di «Europa» Stefano Menichini: «Bersani brinda. Ora per il Pd la campagna elettorale è più facile». Già , perché il ritorno del Cavaliere furioso permette al Partito democratico di giustificare l’alleanza con Sel e ricompattare il centrosinistra in nome dell’antiberlusconismo. Non solo: dopo l’uscita dell’ex premier sarà  difficile per i moderati e per Casini giocare di sponda con il Pdl. Senza contare il fatto che con la sua mossa Berlusconi ha «regalato» Mario Monti al centrosinistra.
E l’offerta di andare alle elezioni anticipate con il Porcellum non interessa al Pd? Bersani scrolla la testa: «Se le avessimo volute le avremmo avute dieci mesi fa… tutte balle. Piuttosto io guardo con preoccupazione alle mosse di Berlusconi, perché mi pare che di populismi in questo Paese ce ne siano già  tanti. Comunque, questa è la conferma della bontà  del nostro progetto politico: l’unica possibilità  è un’alleanza tra progressisti e moderati per ricostruire il Paese».
Sulla questione delle elezioni anticipate anche Enrico Letta è fermo: «Con Berlusconi non abbiamo mai fatto patti quando era a palazzo Chigi e non ne faremo di certo adesso». Per il vice segretario del Pd, in realtà  l’uscita dell’ex premier non ha ripercussioni sul Partito democratico, bensì sul Pdl: «Ma io credo che le loro primarie siano irreversibili: Berlusconi non riuscirà  a bloccare quello schema».
Dunque il centrosinistra non è interessato all’offerta delle elezioni anticipate: «Noi non staccheremo certo la spina», osserva Francesco Boccia, che aggiunge: «Tra l’altro noi non possiamo certo tenerci il Porcellum perché sarebbe come offrire un assist a Grillo». E da buon lettiano, Boccia sottolinea: «Quello che è successo rafforza l’opzione dell’alleanza del Pd con i moderati, che a questo punto non possono certo andare con Berlusconi, e Vendola dovrà  seguire Bersani su questa strada». Una prospettiva su cui si soffermano in molti nel Partito democratico. Ad esempio, Paolo Gentiloni: «Per noi è sempre più chiara l’impossibilità  di un bis dell’attuale coalizione che regge il governo e diventa invece impellente la necessità  di una grande maggioranza politica tra un Pd non schiacciato a sinistra e un’area centrale rinnovata. Ed è chiaro che una simile maggioranza si deve basare sull’agenda Monti».
Il senatore Stefano Ceccanti appare meno ottimista dei suoi colleghi e affronta la questione da un altro punto di vista: «Secondo me il Pd dovrebbe preoccuparsi perché quella posizione di Berlusconi determina una slavina del Pdl verso il polo di centro che rischia di arrivare primo alle elezioni, visto che ci coglie tutti spostati nel ridotto minoritario della sinistra storica a cui ci ha condotto l’alleanza con Vendola». Per Beppe Fioroni, che con un occhio guarda al Pd, e con l’altro all’aggregazione che vede uniti Andrea Riccardi, Montezemolo e Bonanni, l’uscita di Berlusconi che minaccia di sfiduciare Monti rappresenta «l’estremo tentativo di provare a bloccare l’organizzazione di un’area moderata». «Mi auguro — aggiunge Fioroni — che né il Pd, né nessun altro gli faccia da sponda perché il futuro del Paese dipende dall’alleanza tra i riformisti e quest’area moderata che finalmente si libera di Berlusconi».
Sembrano invece non preoccuparsi dell’ex premier i giovani turchi come Stefano Fassina e Matteo Orfini. Osserva il primo: «Il Cavaliere fa delle minacce che ormai non ha più la forza di mantenere». E Orfini, irridente: «Io sono stato impegnato in questi ultimi due giorni in un convegno sul Mezzogiorno. E su decine di interventi non ce n’è stato uno che riguardava Berlusconi. E già  questo la dice lunga…». Insomma, forse l’ex premier ha in mano «solo una pistola scarica», come sospetta Pier Luigi Bersani.


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