Lo zar e la ribelle verde

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KHIMKI. Si finisce sempre qui. Se provi a seguire per un giorno la bionda Signora della Foresta e il suo strano seguito di vecchiette, ragazzini, e atletiche fanciulle in scarpe da jogging, ti ritrovi sempre nello stesso posto: corridoio angusto con le pareti di finto legno, soffitto basso con neon penzolanti, intenso odore di qualcosa a base di cavolo che sta cuocendo da qualche parte. È il posto di polizia “Numero due” di Khimki, sobborgo di duecentomila abitanti a nord di Mosca. Evgenja Chirikova
si sente a casa. Risponde sorridendo alle domande sempre uguali degli agenti, e, cosa per lei straordinaria, non arrossisce nemmeno una volta.
Sa bene che per portare a termine la sua incredibile sfida a Vladimir Putin e a tutto il sistema di potere russo deve passare da questa piccola ma implacabile tortura psicologica quotidiana. Da quando ha osato candidarsi a sindaco della sua città  alle elezioni di domenica prossima, con il suo programma maniacalmente incentrato sulla salvezza di piante e animali della foresta locale, il fermo di polizia è diventato un rito ossessivo celebrato a memoria da tutti i partecipanti.
Inutile perfino tentare di raggiungere l’appartamento di due stanze preso in affitto come quartier generale elettorale in Molodjozhnaja Ulitsa (via della Gioventù). Prima c’è sempre un controllo, una verifica, un poliziotto che ogni mattina riceve sempre lo stesso ordine dalla capitale. E si ripiomba nell’ufficio di cui sopra per l’ennesimo interrogatorio: «Quanti siete?», «Dove andate?», «Avete chiesto un’autorizzazione?», «Mostrateci i documenti. Sì, lo sapete benissimo, di tutti quanti».
Appoggiata al finto legno, con un tacco quasi conficcato nella parete, Evgenja Chirikova ha l’aria rassegnata e ribelle di una liceale in attesa di essere rimproverata dal preside. Ne approfitta per mandare un sms al marito: «Solita fermata». Poi guarda il poliziotto e lo giustifica sottovoce: «Non sono tutti cattivi. Anzi, ho proprio il sospetto che questo qui abbia una certa simpatia per noi. Ma che può fare? E’ più controllato di me».
Se qualcuno in città  la chiama «la tenera Evgenja», un motivo ci sarà . Ed è proprio quell’aria spaurita e sempre comprensiva da ragazzina timida, che dimostra molto meno dei suoi 36 anni. Il suo strampalato seguito di supporter sembra proteggerla e coccolarla nei suoi estemporanei comizi sottovoce, nelle sue sfilate di protesta contro i cantieri abusivi. Ma tutti aspettano con ansia il momento in cui tira fuori le unghie,
si infervora agita il caschetto biondo, diventa paonazza dall’indignazione che la scuote sinceramente senza sceneggiate da politicante. E’ così che è diventata la applauditissima protagonista di tutte le manifestazioni anti Putin degli ultimi mesi. Al fianco di quei personaggi politicamente più scafati da Navalnyj a Nemtsov, che adesso la sostengono come una fondamentale testa d’ariete per affrontare il regime sul piano elettorale.
Il tasto per trasformare “la tenera Evgenja”, ingegnere aeronautico, mamma di due bambine ed ecologista per caso, in una leader della ribellione, è sempre lo stesso: la sua idea fissa, la foresta di Khimki. Da sei anni combatte per le querce e le betulle che gli oligarchi amici del Cremlino vogliono abbattere per costruirci un’autostrada, alberghi di lusso, centri commerciali. Anche nel corridoio del posto di polizia “Numero due” parte a testa bassa con quella che vive come una ossessione personale: «Non si può permettere uno scempio simile. Uno sfruttamento così brutale delle risorse del Paese. E non è un banale problema di speculazione edilizia. E’ una questione fondamentale di rispetto per il popolo. Abbattono gli alberi come se fossero di loro proprietà . Ma fanno così per tutto. Per il petrolio, per il gas, per le acque dei fiumi e dei laghi. E’ questo concetto di usare la Russia come un feudo di pochi che deve finire».
Può sembrare un po’ troppo generico per una che vuole diventare sindaco di una cittadina. Ci sono mille altre questioni, un budget da amministrare, la sanità , la scuola, il traffico. Ma la Chirikova ormai è partita e non si ferma più: «So bene che per fare il sindaco non basta l’ecologia. Ma io voglio solo verità  e onestà . Vi sembra poco di questi tempi in Russia? Ho già  avviato un concorso per i futuri assessori. Voglio gente competente e perbene. Vi assicuro che ce n’è ancora». Uno dei quattordici “invitati” nel corridoio fa un cenno come per candidarsi. Ha una giacca nera piena di adesivi ambientalisti e una barbetta incolta da adolescente. Lei diventa materna: «Tu? Ma figurati! ». Si ride, aspettando la liberazione. Ma è tutto già  previsto: «Ci metteranno un’oretta, per copiare per la millesima volta i nostri nomi su un registro».
Il controllo è ossessivo ma non si arriva mai alle estreme conseguenze. Nessuno prova a inventarsi un reato che faccia scattare l’arresto. Le nuove leggi, appena varate, e condannate da Europa e Stati Uniti, lo consentirebbero. Ma qualcuno deve aver capito che arrestare la Chirikova farebbe scattare una valanga di voti in suo favore. Lo temono in particolare i due suoi rivali più pericolosi. Il sindaco in carica Oleg Shakhov sostenuto dal governo e da Putin in persona. Ma anche il terzo incomodo, arrivato in extremis con una mossa che appare sospetta. Oleg Mitvol si candida per una formazione che sembra fatta apposta per rubare voti alla “tenera Evgenja”, l’Alleanza dei verdi. E il suo passato da prefetto del circondario solleva dubbi e preoccupazioni. La Chirikova in ogni caso non è preoccupata: «I sondaggi sono fatti male. Quelli fatti da noi parlano di mia vittoria facile. Quelli governativi mi danno terza, esclusa addirittura dal ballottaggio. Ma è solo propaganda».
Sarà , ma i suoi più smaliziati alleati non sono del tutto tranquilli. E già  qualcuno in gran segreto, prepara manifestazioni per domenica sera per denunciare i brogli elettorali e boicottaggi. Per fare qualche comizio in santa pace senza l’arrivo della polizia le hanno consigliato di dare appuntamento ai suoi fedeli da qualche altra parte, anche sulla sponda opposta della Moscova. Aleksej Navalnyj, con tutto il suo carisma personale si è messo a bazzicare “casualmente” Khimki, i suoi pub, i suoi cineforum. Ma gli episodi negativi sono tanti e inquietanti.
La Sberbank, istituto di credito di stato si è messa a sbagliare e a ritardare i versamenti delle donazioni elettorali. L’altro ieri, quando si è accorto che sul suo filobus di linea destinato a Khimki, c’era Ksenja Sobcjak, “Paris Hilton russa” con un gruppo di volti notidell’opposizione,l’autistaha fermato il mezzo. Ha finto un guasto e se ne è andato al deposito lasciando i sostenitori della Chirikova per strada.
Più clamorosa la vicenda di Garri Kasparov. Uno dei più celebri campioni del mondo di scacchi si è offerto di giocare con il pubblico a Khimki per fare campagna pro Chirikova.
Sorta nel 1939 attorno a fabbriche militari, Khimki ha una grande passione per le tradizioni sovietiche e per gli scacchi in particolare. Proporre Kasparov a un abitante della zona sarebbe come offrire una partita di calcio con Maradona a un quartiere di Napoli. Eppure, nessuno dei numerosi circoli della città  ha ritenuto la proposta del campione degna di interesse.
Brutti segnali che non scalfiscono la sicurezza della Signora della foresta: «Se non dovessi farcela, avrei almeno la soddisfazione di aver parlato e convinto un sacco di gente. Putin non ha capito che, prima o poi, quelli come noi lo travolgeranno».


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