by Sergio Segio | 5 Ottobre 2012 7:36
MILANO — «Ci siamo andati vicini altre volte. Ma lui ha antenne sensibilissime, informazioni tempestive, anche troppo. E sfugge. Ora dobbiamo lavorare. In silenzio. È una volpe. Uno che viene a sapere tutto». Così gli investigatori della Procura descrivono Pierangelo Daccò alla fine del luglio 2011, subito dopo il suicidio di Mario Cal, braccio destro di don Luigi Verzé. L’inchiesta sul dissesto finanziario dell’ospedale San Raffaele è appena partita. I contorni di quella che diventerà la Tangentopoli della Sanità e che farà tremare la poltrona del governatore Roberto Formigoni sono ancora sbiaditi. Ma una cosa è già chiara: Pierangelo Daccò (detto Piero), 56 anni, è l’uomo chiave. Imprendibile, sfuggente, invisibile. La sua residenza è al 33 Maresfield Gardens di Londra, su Google ci sono solo due notizie del tutto insipide che lo riguardano: la partecipazione a un’inaugurazione di un ospedale in Israele e le sue simpatie per Comunione e Liberazione.
Dopo averlo afferrato e rinchiuso a Opera per 326 giorni — con una carcerazione preventiva che fa impallidire al confronto quelle di Mani Pulite — l’hanno condannato l’altro ieri in primo grado a dieci anni di prigione per associazione a delinquere e concorso in bancarotta fraudolenta. La pena che gli è stata inflitta è il doppio di quella chiesta dagli stessi magistrati. E soprattutto sembra solo il primo atto nello scandalo che colpisce al cuore il sistema sanitario della Lombardia. La seconda fase — ancora più delicata perché coinvolgerà direttamente il governatore Roberto Formigoni — sta per iniziare.
Su Daccò pendono, infatti, altre pesantissime accuse: corruzione, appropriazione indebita pluriaggravata, frode fiscale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita. Sono i reati ipotizzati all’interno delle indagini su un altro colosso sanitario, la Fondazione Maugeri. L’inchiesta è nata come costola di quella sul San Raffaele. Quando gli arriva il mandato di custodia cautelare Daccò è già in carcere per le vicende dell’ospedale di don Verzé. Ma insieme a lui vengono arrestate altre cinque persone, tra cui il suo socio d’affari ed ex assessore ciellino alla sanità Antonio Simone, l'(ex) presidente della Maugeri Umberto Maugeri e il direttore amministrativo Costantino Passerino. Per tutti loro i termini di carcerazione preventiva scadono il 13 ottobre. Entro quella data, dunque, la Procura deciderà verosimilmente come procedere (con rito e tempi ordinari, oppure con giudizio immediato). Altrimenti Simone & C. potranno uscire dal carcere.
Il tempo stringe. In gioco ci sono 70 milioni di euro di fondi neri, la stessa cifra della «madre di tutte le tangenti», come fu definita 20 anni fa quella di Enimont da 150 miliardi di lire. Le ipotesi di reato ruotano intorno a una domanda su tutte: nella Lombardia dell’eccellenza sanitaria sono stati dati alla Fondazione Maugeri soldi pubblici in cambio di favori privati al governatore Roberto Formigoni?
Lui, Pierangelo Daccò, il lobbista, faccendiere, mediatore occulto di affari milionari, è considerato l’«apriporte» in Regione, fondamentale per ottenere fiumi di denaro pubblico. Non solo è amico di Formigoni, ma gli offriva — secondo l’accusa — vacanze gratis e benefit milionari, come cene, yacht e villa in Sardegna (per un totale di 7 milioni di euro). Un presunto scambio di soldi pubblici e favori privati che — per la Procura — è alla base dell’iscrizione nel registro degli indagati di Formigoni per corruzione aggravata. È lo stesso fiduciario svizzero di Pierangelo Daccò, Giancarlo Grenci, a spiegare ai magistrati: «So che Daccò per quanto lui stesso mi ha riferito svolgeva un’attività di consulenza nel senso che risolveva problemi relativi a rimborsi e finanziamenti che gli enti per i quali lavorava facevano fatica ad ottenere dalla Regione Lombardia. Tale attività più che su competenze specifiche si fondava su relazioni personali e professionali che lo stesso Daccò aveva all’interno della Regione». Il direttore amministrativo della Fondazione Maugeri, Costantino Passerino, insiste sul potere di pressing di Daccò: «È un personaggio con cui chi svolge attività nel settore sanitario in Lombardia deve avere relazioni perché è risaputo che ha moltissima influenza nell’assessorato alla Sanità ed è un uomo molto importante in Comunione e Liberazione in particolare per i suoi rapporti con il Presidente della Regione Lombardia». Il governatore si difende: «Non un euro dei cittadini lombardi è stato sprecato, quella della Maugeri è una questione che riguarda alcuni privati».
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