Né Keynes, né liberisti: l’Europa punta sull’hi tech

Loading

VENEZIA — In Europa e negli Stati Uniti sta arrivando un decennio di «ristagno economico alla giapponese», prevede l’economista Paolo Guerrieri, professore alla Sapienza di Roma. E l’analisi e il timore vengono largamente condivisi dai «leader» chiamati a convegno nell’Isola di San Clemente a Venezia dall’Aspen Institute Italia. Il clima del fine settimana favorisce i paragoni: vento, pioggia, acqua alta e cielo grigio senza segni di miglioramento nel breve e nel medio periodo.
C’è chi chiama in causa le previsioni che la Commissione europea renderà  note il 7 novembre a Bruxelles: la ripresa, quando arriverà  all’inizio del 2014, sarà  comunque piatta. Inoltre ci sono i dati, anche questi deprimenti, sulla potenzialità  intrinseca dei diversi sistemi. Nei prossimi anni il prodotto interno lordo nella zona euro ha margini di crescita intorno all’1%. In Italia, solo dello 0,5%. Se ci va bene, è la prima conclusione del seminario moderato da Giulio Tremonti e Giuliano Amato (presidente e presidente onorario di Aspen Italia), si vedrà  un tragitto dell’economia a forma di lettera elle. Dopo la caduta a picco degli ultimi cinque anni di crisi, atterreremo su una linea orizzontale destinata a durare a lungo. La palude dei consumi e degli investimenti. Ma soprattutto un’idea al ribasso del futuro e la constatazione che «i motori della crescita» (questo il titolo di uno dei sei incontri Aspen) per ora girano al minimo.
Imprenditori, banchieri, economisti, manager, politici provano a censire le idee anti-crisi disponibili. Gabriele Galateri di Genola, presidente delle Assicurazioni Generali, parte dal malfunzionamento dell’iPad sotto le volte di San Clemente per richiamare il ritardo tecnologico dell’Italia: «Abbiamo un tasso di penetrazione della banda larga pari al 25%. Se solo lo portassimo al 35% avremmo un punto, un punto e mezzo in più di Pil, vale a dire 18 miliardi di euro». Innovazione, tecnologia sono tra le parole più usate e in modo trasversale in tutti e sei i seminari: che si discutesse di turismo o di grandi città , di giovani o di mobilità . Ma è un terreno ancora da esplorare.
Amato chiede, scetticamente, a Galateri come si calcolino quei numeri sulla banda larga e Galateri replica citando la Banca mondiale. Anche Tremonti appoggia la via tecnologica, «perché è l’unica alternativa al rigiro dei titoli tossici tra una tasca e l’altra; all’inflazione e addirittura alla guerra». Ma non vede ancora «il salto tecnologico verticale in grado di cambiare anche l’economia». Si va avanti e si cerca un punto su cui ancorare la sintesi delle diverse proposte: le infrastrutture, le università , il turismo, i beni culturali eccetera.
Senonché quello che manca, forse, è proprio la piattaforma di politica economica su cui appoggiare tutto il resto. Negli ultimi anni, dice ancora Guerrieri nel consenso più o meno generale, si sono rivelati sostanzialmente inefficaci sia l’intervento neo-keynesiano, cioè la spesa sostenuta dallo Stato, sia la politica dell’offerta schumpeteriana, vale a dire le cosiddette riforme strutturali (mercato del lavoro, pensioni eccetera).
In altri termini, e per usare schemi ancora in servizio, né la strategia socialista (nelle sue varianti) né quella liberista (anche qui nelle diverse declinazioni europee) sono riuscite a innestare nuovi cicli. È come se l’Europa e gli Stati Uniti fossero rimasti imprigionati in una trappola da cui non si riesce a uscire né forzando sul lato della domanda (consumi, investimenti), né sul versante dell’offerta (competitività ).
Probabilmente è la massa del debito che ostruisce l’una e l’altra strada. I mercati non aspettano e la riduzione dell’indebitamento, comunque avviata anche in Italia, ha dei costi che non vengono distribuiti in modo equilibrato tra i Paesi e tra le diverse fasce sociali. Aumentano le diseguaglianze, dunque. E colpisce che lo sostengano con la stessa convinzione sia il segretario della Cgil, Susanna Camusso che il vice presidente di Confindustria, Ivanoe Lo Bello. Con Amato che conclude: «La recessione può portare a irrigidire differenze che poi diventano irrecuperabili».
Ci sarebbe l’Europa, forse. E, in effetti, nella sessione coordinata dal ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, risuonano diversi richiami a completare il mercato unico, ad abbattere le barriere che frenano il settore dei servizi e così via. Ma per ora, è l’opinione più condivisa, in campo c’è davvero solo la Banca centrale europea guidata da Mario Draghi: compra i buoni dei Paesi più in difficoltà  e «compra» anche tempo. In attesa che i governi mettano mano agli strumenti (accordo sulla crescita, project bond e altro) per evitare a tutti noi un decennio piatto. Alla giapponese.
Giuseppe Sarcina


Related Articles

La spallata del governo Conte spiazza la Ue: «Fuori dal patto, ma dialoghiamo»

Loading

Per ora Bruxelles sceglie la prudenza. Salvini: «Se no la manovra noi andiamo avanti». Di Maio: «No allo scontro».

Egitto, un milione in Piazza Tahrir Suona il secondo gong della rivoluzione

Loading

Tantissimi giovani che scandiscono slogan: «Giustizia, riforme». Le donne in prima fila
Alla manifestazione partecipano anche i Fratelli musulmani. Chiedono lavoro e libertà 
Convocata da tempo dai movimenti giovanili e dal quello del 6 aprile, la mega manifestazione di ieri è diventata imponente sull’onda emotiva di sentenze impopolari. Contro i militari al potere e lo stato d’assedio.

In Russia giornalista si dà fuoco contro la repressione: «Della mia morte incolpate la Federazione»

Loading

Irina Slavina come Jan Palach. A Nizny Novgorod il gesto estremo della direttrice della rivista di opposizione Koza.press. Aveva denunciato soprusi e intimidazioni delle autorità locali

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment