Nel Pdl caos e rischio scissione Alfano vacilla, Silvio lo boccia

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ROMA — Dopo di lui il diluvio. E pazienza se oggi sarà  lunedì nero per spread e Borse. «Ho fatto due passi indietro ma Monti e Napolitano hanno preferito abbandonarmi al mio destino. Ora ho il diritto di difendermi, mi vogliono in galera e non ho tempo da perdere». Nel day after, Silvio Berlusconi rincara la dose, se possibile. Il governo dei tecnici dice di non volerlo far cadere, ma «ballare» sì che lo farà  ballare. A cominciare da domani in commissione, legge di stabilità  con la sua «odiosa» pressione fiscale.
La giornata di festa, dopo una settimana da incubo, la trascorre ad Arcore, in famiglia. Al telefono pochi fedelissimi del giro lombardo. Il Pdl vada pure per la sua strada, ripete. Martedì i dirigenti di via dell’Umiltà  si riuniranno per il tavolo delle regole sulle primarie, lui partirà  per Malindi. Destinazione Kenya, ritorno al residence di Briatore e arrivederci al 5 novembre. Le primarie sono «affare loro ». Il partito è attonito, governato in queste ore dal panico, scialuppa in cui tutti i dirigenti cercano la rotta per salvarsi. Partito soprattutto a un passo dalla scissione, tra berlusconiani e montiani. Solo dopo una telefonata lunga un’ora, sabato a pranzo, Gianni Letta è riuscito a convincere l’ex premier a desistere dall’annuncio in conferenza stampa del varo del nuovo partito, della nuova lista. Ma è lì che Berlusconi andrà  a parare. Il segretario Alfano tace, ricomparirà  oggi dopo il voto in Sicilia. Sa di avere buona parte del partito con lui, sulla sponda pro-Monti, ma una disfatta nella «sua» isola potrebbe portarlo alle dimissioni, ammettono dirigenti di via dell’Umiltà . Fosse pure per provocare una scossa e trasformare le primarie in una corsa per la segreteria e contarsi lì sulla linea: quella oltranzista del capo o quella moderata che lui, Angelino, ormai rappresenta. «Non si torna indietro da Monti» diceva ieri sera al Tg3 Maurizio Lupi. È il diktat anche di Franco Frattini, che non fa mistero di non aver gradito affatto le uscite antieuropeiste e di non sostenerle in Parlamento. «Attenti a non far saltare lo spread» avverte ormai anche il capogruppo Fabrizio Cicchitto. Perfino il fedelissimo Gaetano Quagliariello sembra quasi richiamare il leader, quando fa notare che «in presenza di elezioni non si fa dibattito interno, è un fatto di buon senso ». E comunque, «la spina a Monti non si stacca» avverte il vicecapogruppo alla Camera Osvaldo Napoli. È l’ala montiana del partito, che comprende anche Maria Stella Gelmini (pur presente a Lesmo due giorni fa) e Mario Mauro, capogruppo a Strasburgo, assai critico con la svolta antiUe e «suicida» con la Markel. Sognano il Ppe italiano, si sono ritrovati all’ombra di un leader populista e nemico dell’euro. A questo punto, però, la loro è l’ala maggioritaria. Pronta ad andare alla conta se la fronda berlusconiana decidesse di staccare la spina. Una fronda che comprende i coordinatori Verdini e Bondi, gli ex An La Russa e Meloni e Corsaro tentati dalla rivolta contro Monti. E poi le “amazzoni” Santanché e Biancofiore, ma anche i dc Rotondi e Giovanardi, oltre che il coordinatore lombardo Mantovani e Paolo Romani. La sacca di resistenza che ha deciso di stare col capo sempre e comunque. La Santanché, che due giorni fa aveva provocato Alfano chiedendone le dimissioni, ieri twittava trionfante: «Le parole di Berlusconi sono state un colpo d’aria che ha fatto andar via la voce agli amici del Pdl». Qualcuno di loro suggerisce anche una grande manifestazione di piazza, come ai vecchi tempi. Ma non tira aria. Pallottoliere alla mano, sulla “stabilità ” alla Camera i berlusconiani non avrebbero i numeri per opporsi. Ma al Senato — ieri si faceva di conto nel partito — ce la farebbero, assieme ai leghisti.
Molteplici e tormentate le telefonate intercorse ieri per tutto il giorno tra Angelino Alfano e il suo leader. «Perché proprio ora? Giusto alla vigilia del voto in Sicilia? È un attacco a me? Ce l’hai con me?» avrebbe incalzato il segretario, stando ai racconti di chi ha parlato con Berlusconi. Il Cavaliere lo ha rassicurato a più riprese. «Con lui sotto il profilo umano non c’è alcun problema, ma ci sono alcuni nodi politici da risolvere» ha poi spiegato l’ex premier ai suoi interlocutori. Staccare la spina al governo non lo ritiene utile, ormai: «La crisi non conviene a nessuno, al voto si va comunque a breve: io ormai sono in campagna elettorale ». Quella legge che aumenta la pressione fiscale però la vuole «stravolgere». Il presidente del Consiglio è nel mirino, come lo è senza ipocrisie ormai il capo dello Stato. Non si attendeva certo un
salvacondotto, Berlusconi, a sentire lo sfogo delle ultime ore, ma delle garanzie più solide, anche dal Colle. Non è arrivato: «L’anno scorso ho compiuto un sacrificio importante, ma mi hanno abbandonato in balia dei magistrati». Ora non ci sta più.
Cavaliere «galvanizzato», raccontano, che adesso alza il tiro in privato a briglie sciolte contro Monti: «Ogni volta parla di credibilità  come se quelli che sono venuti prima di lui fossero dei poco di buono. Lo spread si è regolarizzato, è vero, ma grazie agli interventi della Bce, non solo grazie a lui». E continua, rivolto al Professore: «Molte scelte strategiche vengono fatte senza alcun coinvolgimento: non ha tagliato il cuneo fiscale, non ha movimentato la crescita, solo tagli ». Per non dire dei ministri tecnici del governo, definiti nei colloqui confidenziali «irriguardosi», oltre che con «velleità  » politiche: «Ma chi si credono di essere? » Berlusconi si è convinto che la pancia del Paese non segua più questo governo, soprattutto il cuore del Nord produttivo, «basta sentire Squinzi». E lui, l’ex premier, pensa di poterla interpretare, quella «pancia». A differenza del segretario del suo partito. «Angelino è un caro ragazzo. Ma fa fatica ad avere presa su quella fetta di paese scontento e disperato ». È lo spartiacque del leader Pdl, «chi vuole andare col governo delle tasse ci vada pure, Angelino scelga con chi stare, io ho lanciato un’operazione verità ». Con lui o contro di lui, ormai è una partita a rompere.


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