Quel piano per il voto anticipato sospeso dopo le manette a Zambetti

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MILANO — Su una cosa il Governatore è perentorio: la data delle elezioni la detta lui. Quindi, per ora si fa la giunta e si rilancia il programma. L’annuncio del voto ad aprile potrebbe arrivare: ma da lui. Il dilemma di Formigoni è sempre quello: mostrare i muscoli o usare la testa? Quando ancora non era calata l’ombra dell’infiltrazione mafiosa sul Pirellone, questa era stata la domanda che gli aveva posto qualcuno dei suoi più fidati collaboratori. Mostrare i muscoli di fronte ai continui attacchi o studiare a tavolino una strategia per garantirsi una uscita onorevole, la continuità  amministrativa in Regione e un futuro in politica? Il Governatore lombardo aveva trovato la sua strada: stava in effetti pensando al futuro e per la prima volta, dopo tanti mesi di inchieste, accuse, attacchi, ispezioni della Guardia di Finanza, indagati e arrestati, il suo atteggiamento pareva cambiato. Pronto, aveva detto a qualcuno dei suoi, a iniziare un percorso che portasse al voto anticipato.
L’arresto di Zambetti ha fatto crollare le buone intenzioni e Formigoni ha rimesso tutto in discussione. Soprattutto quando si è visto messo alle strette dai leghisti: «Non accetto ordini da Salvini», ha tuonato durante una telefonata fatta alzandosi da tavola mentre era padrone di casa alle cena dei delegati di Expo. Il presidente Silvio Berlusconi, sentito l’altra sera e ancora ieri mattina, gli ha dato man forte ma fino ad un certo punto: «L’alleanza con la Lega va preservata», gli ha ricordato.
Meno muscoli e più testa, insomma, ed è tornato al piano per traghettare la Regione e il Pdl verso il voto anticipato. Stando lui al timone. Formigoni se ne è convinto volando ieri mattina verso Roma, accompagnato dalla sua portavoce Gaia Carretta e dal sottosegretario Paolo Alli. Prima di partire, il Governatore ha fatto da Linate il collegamento con «Mattino 5» lanciando il messaggio ai leghisti: «Ritirino le dimissioni». Perché, insomma, meno muscoli lui ma meno muscoli anche gli uomini del Carroccio. La mezz’ora di ritardo dell’aereo ha regalato il tempo per leggere con attenzione tutti i giornali e preparare la strategia. Più rilassato e carico di adrenalina, Formigoni ha iniziato il primo incontro interlocutorio con Alfano e Maroni. Poco dopo mezzogiorno ha lasciato il conclave per partecipare all’incontro dei governatori con il presidente Giorgio Napolitano. Una pausa per uno spuntino e poi il vertice con Berlusconi e Alfano. Formigoni ha lasciato intendere che non metterà  le barricate per restare fino al 2015, ma ha ripetuto che bisogna creare un percorso per «salvaguardare un ventennio di buona amministrazione, tanti progetti e l’efficienza che tutti ci riconoscono». Sono i temi di cui il Governatore ha discusso nei giorni passati anche con i suoi: da più parti si insiste sull’ipotesi di candidare Gabriele Albertini come successore: Formigoni lo vedrebbe bene, ma cosa ne pensano gli uomini del Carroccio? Sulla Lombardia ci sono le mire dei leghisti, ma è giusto che il Pdl sacrifichi la regione locomotiva del Paese?
Il resto è l’incontro in via dell’Umiltà , intervallato soltanto dalla notizia che Antonio Simone è stato liberato e dal messaggio che il Governatore spedisce via twitter: «È una buona notizia». Ancora riunione: il discorso inevitabilmente scivola sul nome di Zambetti perché il segretario Alfano insiste sull’espulsione. Mai avuto sospetti? Formigoni si toglie qualche sassolino dalla scarpa e spiega che, al momento di dare il via alla squadra di giunta, aveva fatto muro contro alcuni nomi dubbi che erano stati proposti. Ma per salvare Zambetti erano scesi in campo sia Berlusconi che l’ex ministro Gianfranco Rotondi. E ripete quanto detto il giorno prima: «L’ho chiamato due volte nel mio ufficio. Mimmo, dimmi sul tuo onore se sei pulito». «Sì, presidente, te lo giuro».


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