Renzi: prima rottamazione finita E Bersani lo sfida sui banchieri

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ROMA — Bersani incassa la rinuncia di D’Alema e si concentra sulle primarie «La questione dei candidati la chiudiamo qui. Abbiamo il congresso il prossimo anno, adesso abbiamo la sfida per la premiership ». L’ex premier ha compiuto «un gesto generoso e rigoroso. Come ho sempre detto non c’è bisogno di essere parlamentari per essere protagonisti», dice il segretario che oggi va al Cern di Ginevra per l’apertura ufficiale della sua campagna. Anche il presidente del Copasir ostenta una certa serenità : «Da oggi sono un po’ più libero», dice ai colleghi in Transatlantico durante il voto di fiducia. Ma la sua battaglia comincia ora. E non è solo quella contro Matteo Renzi.
Dallo stretto circolo dalemiano, dopo l’annuncio di mercoledì sera, è finalmente partito l’ordine verso le periferie: adesso si sostiene Bersani. Si sbloccheranno così i comitato pro-segretario in Puglia e Campania che attendevano il segnale da Roma. D’Alena aveva fissato una megamanifestazione di sostegno a Napoli, ma l’ha annullata per lasciare spazio a Bersani che poteva essere lì solo lo stesso giorno. Confermato invece un appuntamento analogo a Bari. «I conti li faremo il 26 novembre, all’indomani del voto alle primarie. O il 3 dicembre se si va al secondo turno», ha detto ieri ad alcuni colleghi che sono riusciti a superare la patina della finta tranquillità . La maggiore libertà  di movimento, garantita dal non essere più il bersaglio della rottamazione, vuole sfruttarla per misurare il suo peso nel partito e nella corsa di Bersani. Insomma, punta a rendere decisivo e tangibile il voto che viene dalle zone che maggiormente controlla. Sarà  una carta da spendersi dopo la vittoria (eventuale) di Bersani. Per un clamoroso ritorno in Parlamento a furor di popolo? No, ma per continuare a essere determinante nelle scelte democratiche.
O per avviare, in caso di successo di Renzi, la nuova “Cosa” alla quale ha alluso nel suo annuncio in tv.
Renzi ora ha l’obbligo di far fare un salto di qualità  alla sua sfida. Lo dice lui stesso dichiarando finita «la fase 1 della rottamazione ». Abbandonando la parola e il concetto, in sostanza. «L’uscita di D’Alema cambia tutto, non parlerò più di rottamati. Ci concentriamo sui contenuti». Contenuti che vengono criticati sia da Bersani che da Vendola. La cena coi banchieri di mercoledì a Milano (ribattezzata dai bersaniani cena delle Cayman) fa dire al segretario del Pd che «con le slide dei banchieri abbiamo già  dato ed è stato un prezzo alto» e al leader di Sel «che colpisce che il capo degli innovatori piaccia tanto ai conservatori del passato regime».
Bersani però ha dei sostenitori nuovi e inaspettati per certi versi. Ventidue parlamentari molto vicini a Veltroni firmano un appello per appoggiare il segretario del Pd. Ci sono fra gli altri i nomi di Walter Verini, Andrea Martella, Achille Passoni, Marco Minniti, dirigenti vicinissimi a Veltroni e in grado di spostare voti. Sono nomi che si contrappongono ad altri veltroniani che hanno scelto Renzi: Enrico Morando, Giorgio Tonini, Paolo Gentiloni. Ma il segnale per Bersani è soprattutto uno: «Esce rafforzata la candidatura di chi può veramente unire e raccogliere storie ed esperienze», dice il suo coordinatore della campagna Roberto Speranza.


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