“Tassare la disabilità ”: i governi ci provano e poi tornano indietro

Loading

ROMA – Un governo, una manovra economica, la disabilità  e l’invalidità  che vengono colpite, la marcia indietro che riporta tutto al punto di partenza. Tutto già  visto, tutto già  vissuto: il dietrofront del governo Monti, che prima inserisce la tassazione Irpef su pensioni e indennità  di invalidità  e poi dopo le proteste fa sparire la norma dalla versione definitiva del provvedimento, non è certo il primo caso di questo genere nella storia recente del paese. La cronaca degli ultimi anni racconta di numerosi tentativi di intervenire nel settore delle provvidenze economiche per l’invalidità : tentativi perlopiù falliti dopo la mobilitazione delle associazioni delle persone con disabilità  ma che hanno prodotto ugualmente conseguenze, quantomeno dal punto di vista culturale e comunicativo.

L’esempio più calzante è vecchio di due anni, e riguarda la manovra correttiva voluta dal governo Berlusconi e poi approvata definitivamente nel luglio del 2010. Fin dalle prime indiscrezioni, nel mese di maggio, la stesura del provvedimento è accompagnata da una vera e propria campagna contro i “falsi invalidi”, sui quali la grande stampa nazionale concentra la propria attenzione. “Ci sono decine di migliaia di false o non dovute pensioni di questo tipo: è necessario dare una stretta”, sono le parole del ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, con il collega dell’Economia Tremonti che va anche oltre, ricordando che “la cifra di 2,7 milioni di invalidi pone la questione se il paese può essere ancora competitivo”. Parole che scatenano la reazione delle associazioni, che criticano il “grave stigma” che la “frase razzista” esprime quando presenta l’invalido come “un parassita che blocca la competitività ” e come “l’untore che causa i danni al paese con le spese che comporta”. In questo clima, viene presentata la proposta di legare l’importo dell’indennità  di accompagnamento al reddito, ipotesi che dopo le prime proteste viene abbandonata e sostituita con la decisione di aumentare la soglia di invalidità  necessaria per ottenere l’assegno di assistenza mensile: le nuove pensioni verrebbero assegnate solo a chi raggiunge almeno l’85% di percentuale di invalidità , e non l’attuale 74%. Intere categorie di persone con disabilità  (soprattutto fra i disabili intellettivi/relazionali, come le persone con sindrome di Down) ne rimarrebbero escluse.

Parte la mobilitazione di Fand e Fish: il risparmio ricavato dal provvedimento (che lo stesso governo valuta nell’ordine di 80 milioni di euro in tre anni), viene definito “irrisorio”: dalla maggioranza in Parlamento arrivano rassicurazioni che le proposte saranno eliminate. La partita pare vinta, viene anche sospesa la protesta di piazza prevista per il 1° luglio, ma quando tre giorni dopo vengono presentati gli emendamenti del relatore di maggioranza si scopre che l’aumento della soglia dal 74 all’85% sparisce solamente per chi ha un’unica patologia grave (e rimane per chi ha un’invalidità  causata dal concorso di due o più patologie) e che vengono introdotte misure molto più stringenti per l’indennità  di accompagnamento, che verrebbe concessa solo a chi ha una incapacità  permanente di deambulare e a chi non è in grado di compiere il benché minimo atto elementare della vita. Fand e Fish, ancora una volta, denunciano un intervento “brutale e devastante” e tornano all’attacco: protesta in piazza il 7 luglio, proprio mentre il governo pone la fiducia sul testo. Sotto la pressione dei “disabili in piazza” il relatore annuncia poco prima dell’approvazione finale un nuovo emendamento che sopprime, e per tutti, l’innalzamento della soglia all’85% e che non propone alcuna restrizione alle indennità  di accompagnamento: la vittoria stavolta è definitiva.

Oltre all’episodio relativo al 2010, fra i tentativi andati a vuoto di “tassare” la disabilità  merita di essere ricordata anche la previsione nella manovra correttiva 2011 (quella fatta in fretta e furia sotto la pressione dello spread Bund-Btp alle stelle) del taglio alle agevolazioni fiscali del 5% nel 2013 e del 20% nel 2014: un impatto fortissimo per famiglie che portano in deduzione le spese mediche di assistenza specifica per le persone con grave disabilità  (infermiere, terapista) e in detrazione le spese per ausili, veicoli, sussidi tecnici informatici, cani guida per non vedenti. Un provvedimento che, prevedeva la norma varata dal governo Berlusconi, si sarebbe potuto evitare solo con il recupero di 24 miliardi di euro ottenuto dal riordino della spesa sociale e assistenziale. Cioè, inevitabilmente, anche da un intervento su pensioni e indennità  di accompagnamento. Il governo Monti, con il decreto “Salva Italia” ha poi scelto una via diversa. Prima di diventare, a sua volta, in queste ore, il protagonista di una retromarcia che ricorda da vicino quelle degli anni passati.

 

© Copyright Redattore Sociale


Related Articles

Così Buzzi pagava tutti «Ci mangiamo Roma»

Loading

Dall’ex presidente del Consiglio comunale in giù, il nuovo capitolo del malaffare in Campidoglio racconta di denari e assunzioni di parenti e amici

L’infanzia distrutta dei bambini siriani

Loading

Siria. Rapporto di Save the Children: il 78% dei minori soffre di depressione. Situazione tragica tra i rifugiati: fuori dal paese ai traumi da guerra si aggiunge quello della migrazione forzata dal conflitto

Il reddito minimo garantito è un diritto universale

Loading

Presentato a Roma il «Rapporto sullo stato sociale 2015». Sanità, scuola, pensioni, lavoro: l’analisi critica delle politiche di Renzi giunti al settimo anno di austerità devastante

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment