Tortura, l’Italia riduce lo spread

by Sergio Segio | 25 Ottobre 2012 6:50

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Cosa prevede questo Trattato? Sostanzialmente due impegni per gli Stati e quindi anche per il nostro.
In primo luogo la disponibilità  a fare ispezionare i propri luoghi di privazione della libertà  personale da un Comitato di esperti delle Nazioni Unite; poi c’è la istituzione obbligatoria di un meccanismo nazionale indipendente (NPM) di controllo e monitoraggio di carceri, stazioni di polizia, ospedali psichiatrici, centri di identificazione per stranieri. L’Italia ha ora un anno di tempo per dar vita a questa figura di garanzia. In Germania dal 2008 vi è l’Agenzia Federale per la prevenzione della tortura, in Spagna dal 2006 esiste il Defensor del Pueblo, in Francia dal 2010 opera il Controleur Génèral des lieux de privation de liberté. Governi socialdemocratici o conservatori si sono adeguati dando origine a istituzioni ad hoc. In quegli stessi anni in Italia alcune forze politiche di sinistra rincorrevano il linguaggio truce e banale della destra affermando che la sicurezza non ha colore politico. Il tutto mentre l’ex ministra della Giustizia francese Rachida Dati (governo Sarkozy), nell’annunciare in modo solenne la nascita dell’NPM francese, dichiarava che i diritti umani non sono né di destra né di sinistra.
Entro il prossimo anno, ciò è categoricamente scritto nella Convenzione Onu, toccherà  all’Italia dotarsi di un organismo di prevenzione e protezione dei diritti delle persone limitate o private della libertà . Il ritardo è tale che sarebbe delittuoso a questo punto perdere altro tempo. Affinché siano rispettati i dettami Onu l’organismo deve essere dotato di poteri effettivi sia di visita che di controllo. Deve potere entrare dappertutto, senza restrizioni. Deve poter visitare i luoghi oggi preclusi ai giornalisti o alla società  civile (come i Cie), deve poter ispezionare le sezioni psichiatriche degli ospedali o i reparti dove sono reclusi i detenuti sottoposti al regime duro di cui all’articolo 41 bis, secondo comma, dell’ordinamento penitenziario. Deve disporre di autorità  e autorevolezza per indurre le amministrazioni pubbliche a tenere comportamenti virtuosi. Qualora necessario, deve poter far chiudere i luoghi indecenti, far aprire inchieste penali per violenze e pestaggi, mediare là  dove alberga la tensione tra i custodi e i custoditi. Per fare tutto questo è necessario che tale organismo sia forte e composto da personalità  di prestigio ed esperienza. È indispensabile che non sia anestetizzato dal manuale Cencelli. Preoccupa che nella legge di ratifica sia scritto apertis verbis che non c’è un euro a disposizione per farlo funzionare. Non si vede perché debbano esserci autorità  di garanzia ricche (quelle che si occupano dei temi dei ricchi, come ad esempio l’autorità  sulla concorrenza) e autorità  di garanzia povere (quelle che si occupano dei temi dei poveri, come la tortura). All’articolo 4 delle Regole Penitenziarie Europee del 2006 c’è scritto che: “Le condizioni detentive che violano i diritti umani del detenuto non possono essere giustificate dalla mancanza di risorse.”. I diritti umani non sono mai degradabili a costo. Ogni euro speso per prevenire la tortura è un tassello del mosaico della democrazia. Il prossimo tassello deve essere l’introduzione del crimine di tortura nel codice penale.

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