“AAA vendesi crediti di carbonio” la piccola Kyoto dei comuni ecologici

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ROMA — C’è un tesoro nascosto nei boschi italiani, ma non è fatto di monete d’oro sepolte sotto terra. Bensì dei crediti di carbonio che nascono dalla gestione sostenibile di alberi e piante. Una boccata d’ossigeno per l’ambiente, ma anche per le casse dei piccoli comuni che ora hanno deciso di sfruttarlo. Come? Mettendolo all’asta.
Hanno aperto la strada quattro amministrazioni venete, vendendo la propria ricchezza verde alle aziende locali, ma ora “Carbomark”, progetto delle regioni Veneto e Friuli Venezia-Giulia che ha messo a punto lo schema, sta studiando come applicarlo nelle province di Roma e Trento e in altre regioni: Piemonte e Lombardia.
«Vogliamo ampliare lo strumento per far sì che altre regioni, province o enti lo replichino, adattandolo alla propria realtà » spiega Giovanni Carraro, della Direzione foreste del Veneto.
Il meccanismo è semplice e ricalca quello dell’assorbimento forestale dell’anidride carbonica stabilito dal protocollo di Kyoto. Funziona così: quando un bosco è gestito in modo sostenibile, attraverso pratiche supplementari rispetto a quelle previste dalla legge, l’assorbimento di ogni tonnellata di CO2 genera un credito di carbonio. A questo punto “Carbomark” calcola la quantità  di crediti che possono essere venduti.
Il Comune, a sua volta, si impegna alla gestione virtuosa per trent’anni e decide la quota da mandare all’incanto e il prezzo base. L’asta è aperta alle aziende del posto che desiderino compensare le proprie emissioni: vince, e versa subito i soldi nelle casse pubbliche, quella che presenta l’offerta più alta.
«È un’entrata in più, utile a valorizzare la nostra montagna e le risorse naturali, anche per promuovere il turismo», spiega Luca Ferazzoli, sindaco di Cismon del Grappa, comune vicentino di 974 abitanti situato tra la valle Valsugana e quella del Canale di Brenta. «In un momento di crisi come questo, far andare di pari passo lo sviluppo economico e la tutela dell’ambiente può essere una soluzione ». Lo scorso marzo Cismon ha messo in vendita cento tonnellate di crediti di carbonio provenienti dai 642 ettari di bosco comunale: prezzo base 30 euro per ogni tonnellata. Ad aggiudicarsi l’intero stock è stata Etra Spa, un’azienda che gestisce il servizio idrico e dei rifiuti e che ha offerto 40 euro a tonnellata, per un totale di 4mila euro. «L’idea è creare un mercato volontario dei crediti di carbonio, alternativo a quello regolamentato di Kyoto, ma sviluppato a livello locale», dice Antonio Brunori, dottore forestale e segretario generale Pefc Italia, ente che certifica la gestione forestale.
Oltre a Cismon hanno applicato la formula i comuni vicentini di Caltrano, che ha aggiudicato alla Zuccato Srl cinquanta tonnellate di crediti al prezzo complessivo di 1.500 euro, e di Lusiana, che ha dato alla Etra Spa, per 4mila euro, cento tonnellate di crediti. A Mel, invece, in provincia di Belluno, l’asta per 317 tonnellate di crediti è andata deserta. Una caduta che non scoraggia l’espansione. «I tempi sono lunghi perché è un modello nuovo e le aziende devono ancora coglierne le potenzialità  », continua Carraro. «Ma stiamo perfezionando diverse idee: in Friuli, per esempio, lavoriamo sul boom dell’edilizia in legno, elaborando uno schema valido anche per le abitazioni: chi vieta a un privato che con la propria casa assorba 30-40 tonnellate di carbonio, di commerciare i crediti disponibili?».
C’è però un ostacolo ai margini di crescita del mercato: «L’Italia è l’unico Paese europeo a non avere un registro del mercato complessivo dei crediti di carbonio, che annoti le quote cedute o prodotte », spiega Brunori. «Il problema non riguarda “Carbomark”, perché loro per precauzione quando calcolano i crediti tolgono una quota del 25 per cento. Ma in tutti gli altri casi, ogni volta che vengono venduti dei crediti, c’è il rischio del doppio conteggio: cioè che vengano distribuiti quelli in realtà  già  dati via dallo Stato».


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