Albertini si smarca dal Pdl: pronto a strappare la tessera

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MILANO — La tira fuori dal portafoglio. E la mostra alle telecamere. Tessera 216 del Pdl, quella che Gabriele Albertini, candidato per la corsa alle regionali lombarde con la sua lista civica, è pronto a stracciare se il suo partito dovesse appoggiare la candidatura del segretario della Lega, Roberto Maroni.
Strappo su strappo. L’ex sindaco di Milano alza di nuovo la posta. E piazza una tripletta nella porta del suo partito, avvisando: «Io non mollo». Prima scena, all’inaugurazione dell’anno accademico alla Bocconi, presente il premier Monti: «Se il Pdl sosterrà  un altro candidato, che penso sia Maroni, potrei anche restituire la tessera. La mia è una candidatura indipendente». La seconda è affidata a un comunicato stampa. La prende alla larga. Condanna le violenze delle manifestazioni di piazza. Ma è solo l’incipit. Il resto è tutto dedicato al partito di cui detiene la tessera 216. Chiede di mantenere il sostegno al governo Monti. Ma chiede soprattutto di garantire le elezioni regionali nella data scelta dal governo, in piena rotta di collisione con il centrodestra: «Agitare lo spettro dei costi di questa tornata elettorale regionale e prometterne la destinazione a famiglie e disoccupati significa accodarsi alla peggiore demagogia». Le orecchie di Alfano fischiano. Ultima scena. Intervista al Tg3 lombardo. Se il Pdl appoggerà  Maroni strapperà  la tessera? Albertini fa un altro balzo in avanti: «Sono pronto in ogni caso perché la mia è una candidatura civica e non di partito». Un messaggio neanche troppo subliminale all’Udc, all’Italia Futura di Montezemolo e a Fermare il Declino di Oscar Giannino. Insomma, Albertini va avanti in un percorso che non sembra molto distante da quello scelto dal suo competitor Umberto Ambrosoli («Io e Ambrosoli — ha detto ieri l’ex sindaco di Milano — siamo diversi nel fatto che io ho fatto il sindaco per nove anni e l’eurodeputato per sette, ho una certa esperienza, lui deve improvvisare») che ha costretto il centrosinistra a un passo indietro rispetto a una candidatura civica.
Bisogna capire se il Pdl lo seguirà  come ha fatto il centrosinistra con Ambrosoli. Difficile. Visto che la priorità  è l’alleanza con la Lega. Qualcuno pensa che quella di Albertini, strattonato da tutte le parti, sia una mossa disperata e sia solo l’antefatto della ritirata. Qualcun altro è molto più preoccupato. Albertini in campo, nonostante tutto, significa la disfatta in Lombardia. Quindi commenti improntati alla massima prudenza: «Non è il momento degli strappi — attacca Mariastella Gelmini —, bisogna trovare convergenze difficili ma non impossibili. Deve prevalere l’unità  e la costruzione di un’alleanza che possa battere la sinistra e non le conceda la Lombardia». «Albertini è un ottimo candidato — dice Maurizio Lupi —. L’unico errore che non dobbiamo fare è quello di dividerci come in Sicilia». «La Lega è imprescindibile — attacca il coordinatore lombardo del Pdl, Mario Mantovani —. Se il Pdl va da solo, la Lega va da sola e Albertini fa una lista civica consegniamo la Lombardia alla sinistra». Ma dall’Udc, con il segretario milanese, Pasquale Salvatore, arriva un messaggio: «Se l’aut aut di Albertini si traducesse in un fatto concreto meriterebbe una riflessione in quanto elemento di rottura rispetto a uno schema di governo regionale Pdl-Lega che ha visto l’Udc all’opposizione».


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