Alfano chiude a Monti bis (e Fini): potremmo cambiare nome e simbolo

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ROMA — In un clima sempre più da guerra fredda, coi rispettivi missili puntati ai confini, Angelino Alfano prova lo scatto verso le primarie che, da lui fortissimamente volute, spera che rappresentino la sua legittimazione come leader e candidato premier del centrodestra. Lo fa parlando con piglio deciso a «In mezz’ora» su RaiTre e sciogliendo alcuni nodi programmatici che rimanevano troppo sfumati e sullo sfondo. Il Monti-bis? «Per noi è un’idea che non esiste. La democrazia italiana ha bisogno di un governo scelto dal popolo. Se vince Bersani tocca a lui governare, io sono credente nella democrazia». L’offerta di appeasement di Fini? «La storia di Fini con l’elettorato del centrodestra è una storia conclusa». Le primarie? «Non è giusto essere designati. E se non fossero esistite le primarie, non ci sarebbe neanche Obama». Il ruolo di Berlusconi? «Quello del fondatore, come lo è Scalfari per Repubblica».
Parole che fanno esultare gli ex An, tanto che arriva immediatamente l’endorsement di Gianni Alemanno, fin qui dato come possibile candidato, che invece conferma tutto il suo appoggio pesante al segretario, e convincono la Meloni a desistere dalla tentazione di scendere in campo come sfidante di Alfano. Parole che però non piacciono allo stesso modo a Palazzo Grazioli.
Silvio Berlusconi è tornato in anticipo dal Kenya, dove sembrava dovesse trattenersi fino a domani, e non è detto che l’unico motivo sia quello di prendere drastiche decisioni sul futuro del Milan. Raccontano infatti che non abbia gradito quella definizione che di lui ha dato Alfano, da padre nobile troppo nobile per avere un ruolo decisionale, e comunque il paragone con il fondatore di Repubblica, per lui in guerra con De Benedetti, non suona felice. Ma soprattutto, il Cavaliere ha insistito su quanto siano significativi i dati forniti ieri dal Giornale (che hanno fatto arrabbiare Cicchitto, convinto che si tratti di una manovra politica), sondaggi secondo i quali meno di 250 mila persone andrebbero oggi a votare per le primarie. Sondaggi in linea con quelli che, dicono i suoi fedelissimi, lo stesso Berlusconi aveva in mano prima di accennarne in Ufficio di presidenza.
Se a questa contrarietà  ormai nota e celeberrima si aggiunge il fatto che, come nessuno nega, le casse del Pdl sono praticamente vuote e il tesoriere (il berlusconiano di ferro Rocco Crimi) si è dimesso senza che nessuno gli chiedesse di rimanere al suo posto, si capisce come le difficoltà  per Alfano non siano affatto superate. E come continui ad essere forte la voce che Berlusconi sia pronto a gesti anche eclatanti.
La richiesta di un Ufficio di presidenza straordinario per annunciare la sua ricandidatura a premier con contestuale azzeramento di cariche e vertici, una sorta di nuovo predellino, è ipotesi in campo, ed è quella in cui maggiormente sperano i suoi più accesi sostenitori, da Daniela Santanché che chiede ad Alfano di fare al presidente l’invito a Michaela Biancofiore, da Bernini a Bondi. Se accadesse comunque, sarebbe rottura certa, visto che gli ex An in quel caso avrebbero già  pronto il piano B: basta con Berlusconi, nascerebbe un partito di destra ma aperto anche a tanti delusi dal Cavaliere. Meno probabile, nel borsino delle intenzioni di Berlusconi, un annuncio oggi del lancio di una nuova lista, che non è esclusa per il futuro ma che potrebbe nascere dopo un eventuale fallimento delle primarie.
Ma forse la verità  è che il balletto del «non capisco ma mi adeguo» continuerà  ancora per un po’, mentre la macchina delle primarie si è comunque messa in moto. Guido Crosetto ha annunciato la sua candidatura, Michaela Biancofiore insiste che vuole partecipare, Santanché sta già  raccogliendo le firme, Samorì ha fatto la sua discesa in campo secondo alcuni a nome e per conto del Cavaliere. Mentre Alfano si prepara alla corsa cercando di sottrarre armi agli avversari: «Vogliono rinnovamento? Beh, potremmo cambiare nome e simbolo del Pdl».
Paola Di Caro


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