Cina, donne in piazza contro le discriminazioni

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E un messaggio forte e chiaro: che cosa c’entra chiedere informazioni sul ciclo mestruale per diventare funzionari governativi? La protesta di una dozzina di universitarie che a Wuhan volevano entrare nell’amministrazione pubblica ha ottenuto, a giudicare dalla mole di commenti sul web, l’attenzione che cercava. Dibattito online e indignazione per una pratica considerata discriminatoria, richiesta dal sistema normativo e non dall’arbitrio di un burocrate locale. È stato il Quotidiano legale a rivelare la mobilitazione delle candidate, che si sono ribellate agli esami ginecologici prescritti in aggiunta ai normali controlli fisici e la vicenda è immediatamente uscita dai confini regionali dell’Hubei.
Le giovani si sono trovate di fronte a qualcosa di simile alle forche caudine di un sessismo che in Cina appare inestirpabile. Gli esaminatori chiedono infatti un’ispezione ginecologica anche con il prelievo di cellule per il Pap test. Non solo: la donna deve comunicare quando sono comparse le prime mestruazioni, la regolarità  del ciclo e la sua entità . «Pure ammettendo che abbiamo malattie a trasmissione sessuale — ha dichiarato al Quotidiano legale una delle manifestanti raccolte davanti al dipartimento delle Risorse umane e della Sicurezza sociale, identificata solo come Xiaochun — non è che posiamo infettare i nostri colleghi…». E comunque il nodo non è questo. La composta sollevazione di Wuhan dà  voce all’insofferenza verso pratiche discriminatorie che resistono, nonostante tutto (e infatti, tra commenti e tweet online, più d’uno ha ricordato come anche la nuova leadership comunista sia maschile, con due sole donne tra i 25 del Politburo e nessuna fra i 7 del comitato permanente). Il tema dei diversi parametri per uomini e donne era stato sollevato già  in passato, sempre invano. Da Hong Kong il China Labour Bulletin sottolinea la forbice tra l’uguaglianza tra i sessi sancita dalla Costituzione e la prassi, un impasto di inefficienza, cattiva volontà  e resistenze culturali. «La discriminazione verso le donne sta ovunque e spesso comincia ancora prima dell’ingresso nel mondo del lavoro. Quote e assunzioni regolate sul genere sono diffusissime, e spesso si manifestano con punteggi più alti richiesti alle donne per accedere a certe posizioni», si legge nel rapporto. Che aggiunge come «la discriminazione sia più grave nelle mansioni meno qualificate» e come «spesso i datori di lavoro chiedano alle donne i loro progetti matrimoniali, esigano da loro condizioni contrattuali illegali, persino con test di gravidanza e altre richieste».
In questo contesto, ecco forme di protesta a loro modo spettacolari, come le donne che si rasarono i capelli contro gli standard più alti per essere ammesse nelle università  o come l’occupazione delle toilette maschili a Canton, quest’anno, a fronte di una diffusa penuria di bagni per donne. In Cina l’altra metà  del cielo continua a essere, appunto, l’altra: quella sbagliata.
Marco Del Corona


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