Cina, l’economia riprende la corsa

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PECHINO — Anche l’inflazione ha un cuore patriottico. Il giorno dopo il discorso con cui Hu Jintao ha aperto il 18° congresso del Partito comunista, eccola all’1,7%, dato di ottobre. Mai stata così bassa da 33 mesi, in ulteriore calo dall’1,9% di settembre. Il quadro, poi, si completa con altri indicatori: una produzione industriale in crescita (9,6% anno su anno, era 9,2% in settembre), i consumi al dettaglio idem (14,5% contro il 14,2% del mese prima), le esportazioni anche (11%). Da Parigi, infine, l’Ocse annuncia che quest’anno l’economia cinese sorpasserà  quella dell’Eurozona. I numeri hanno rimesso in circolo ipotesi di un rilassamento del credito ma non sono tutto, e le interpretazioni cozzano fra di loro.
Ieri il ministro del Commercio, Chen Deming, non è andato oltre la «ripresa moderata» dell’export. Ottimista invece la banca centrale. Il 7,4% di crescita nel terzo trimestre non deve allarmare, si è già  oltre: per il governatore Zhou Xiaochuan «il rallentamento si è stabilizzato». Molto dipende dalla politica e il lungo discorso di Hu giovedì non ha sciolto gli interrogativi sull’effettiva struttura delle riforme economiche (per non dire di quelle politiche). Mettere mano alle Soe, le aziende di Stato in condizioni di privilegio, non sarà  facile. Ieri il loro supervisore ha ribadito che debbano diventare «più orientate al mercato» ma le resistenze sono immense. I loro vertici insistono sullo «sviluppo del settore pubblico dell’economia» e sulla «sicurezza economica nazionale». Non esattamente le premesse per cambi profondi.
La mano pubblica continua ad avere eserciti di sostenitori. Lo slancio alla crescita che rincuora gli ottimisti deve molto ai pacchetti di stimolo che i governi locali hanno impiegato per i consueti mega-progetti infrastrutturali, gonfiando i loro Pil. Anche i dati sull’inflazione si prestano a valutazioni discordanti. L’1,7% contrasta con la percezione diffusa di un carovita inarrestabile, soprattutto nelle città , e dimostrerebbe ancora una volta l’inadeguatezza del paniere di riferimento.
Il nesso tra tenuta dell’economia e pace sociale è il chiodo fisso della leadership, il Pil pro capite di 10 mila dollari raggiunto dalla municipalità  di Pechino non fa che rammentare il divario ricchi-poveri. Lo sanno bene anche i dirigenti entranti. Che trovano, in aggiunta, le aree tibetane in uno stato di tensione crescente. A ridosso dell’apertura del congresso altre autoimmolazioni (ormai una settantina), manifestazioni, misure di sicurezza inasprite. «Ci sono di mezzo istigatori stranieri», ha spiegato ieri la rappresentanza tibetana del Partito, e «non servono osservatori indipendenti» come invece aveva suggerito il commissariato Onu per i diritti umani. La società  non è ancora armoniosa.


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