Donne e lavoro, un rapporto difficile Fornero: “In Italia genere è ostacolo oggettivo”

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ROMA – Poco occupate, nelle posizioni più basse, a tempo parziale e con salari peggiori rispetto agli uomini. Quella delle donne lavoratrici in Italia è una fotografia dalle tinte grigie, scattata dall’ultima classifica del Global Gender Gap Report 2012 e presentata durante il convegno “Donne al lavoro tre mosse vincenti. Pari opportunità , conciliazione dei tempi, nuovi modelli organizzativi”, promosso dal Centro studi Progetto Donna, in collaborazione con Abbott e il patrocinio del ministro del Lavoro e delle politiche sociali con delega alle Pari opportunità .

Il nostro Paese, rispetto al 2011, ha perso ben sei posizioni nella graduatoria relativa alle disuguaglianze di genere, piazzandosi all’ottantesimo posto su 135 Paesi presi in esame. Delle quattro aree analizzate, però, il dato peggiore riguarda la partecipazione all’economia e opportunità  delle donne: qui l’Italia è solo 101sima. Eppure qualche segnale positivo c’è. Si registra, infatti, un incremento tendenziale dello 0,4% nell’occupazione femminile, a fronte di una leggera flessione di quella maschile, anche se si preferiscono le donne per i contratti a tempo parziale (82%).

Fornero: “In Italia accanimento contro donne”.
“Ho sempre creduto nella parità , ma credo che oggi l’Italia è un Paese nel quale essere donna è un motivo di differenziazione, un ostacolo oggettivo e un motivo per prendersela”. Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nel corso della registrazione della puntata di Porta a Porta, in onda domani sera su Rai1, ha parlato della condizione disparità  di trattamento tra i generi. “Lo dico – ha aggiunto il ministro – nei riguardi di un Paese civile: il fatto che una persona sia uomo o donna fa una differenza nell’interlocuzione, nei luoghi di lavoro, nell’accesso e nella progressione delle carriere, praticamente in tutti gli ambienti della vita e questo è la radice per cui poi la violenza è quasi una sorta di continuità , rispetto a comportamenti che hanno radici profonde”. “Credo – ha sottolineato Fornero – che ci sia un accanimento nei confronti delle donne”.

FOTO – Donne e lavoro, l’analisi Inps

Meno soldi e posizioni basse. Ma è sulla differenza di retribuzioni che il Global Gender Gap 2012 punta il dito: un’analisi effettuata dall’Inps, curata da Antonietta Mundo, ha messo, infatti, in evidenza che, per i lavoratori dipendenti del settore privato la retribuzione media è di 21.678 euro lordi per le donne, mentre quella degli uomini si attesta su 30.246 euro. Inoltre, sebbene le donne rappresentino il 57% degli impiegati, la presenza femminile si riduce nei livelli più alti. Un esempio, in questo senso, arriva proprio dall’Inps, istituto che vanta 26.500 dipendenti. Di questi, il 57,6% è costituito da donne e dall’analisi delle qualifiche risulta una possibilità  di carriera sostanzialmente analoga per i due generi nel passaggio dal ruolo esecutivo a quello di quadro. Nelle posizioni di dirigenti e professionisti, per i quali non c’è avanzamento di qualifica, però, la percentuali diventano 60% di uomini contro il 40% di donne. Se si fa riferimento alla popolazione, a livello nazionale, solo un terzo di quella femminile fa parte della forza lavoro, mentre degli uomini ne fa parte la metà .

Anche le pensioni rosa sono più leggere. Il quadro non cambia se si guardano le pensioni. Il primo dato che emerge dalla ricerca è che c’è una notevole differenza di anzianità  lavorativa: nel privato una pensionata su due ha meno di 20 anni di contribuzione, mentre nel pubblico il 40% delle donne ha più di 30 anni di anzianità  contributiva. Le donne, poi, rappresentano il 47% dei pensionati, ma percepiscono il 34% dell’importo complessivo e l’80% delle pensioni integrate al minimo sono erogate alle donne. Infine le cifre più significative: una pensionata su tre prende meno di mille euro al mese ed è notevole la differenza tra gli importi percepiti: nel pubblico la pensione media per le donne è pari a 18.400 euro l’anno lordi, contro i 26.900 euro degli uomini.

Qualche dato positivo. Segnali positivo, sebbene timidi, ci sono, stando sempre ai dati Inps, che rilevano nel triennio 2009-2011 una crescita delle donne quadro (+8,3%) e delle donne dirigenti (+ 4,4%), con un più accentuato incremento di quest’ultime in particolare nei settori credito, assicurazioni e servizi. Aumentano anche le operaie (+ 3,1%), in controtendenza rispetto agli uomini.

Nuovi modelli verso l’uguaglianza. Individuare i punti deboli ed evidenziare i dati è solo il primo passo verso la promozione dell’uguaglianza, ma è necessario mettere in pratica nuovi modelli organizzativi all’interno delle aziende, secondo Roberta Bortolucci, presidente del Centro Studi Progetto Donna e Diversity Mgmt. “La forza lavoro è cambiata in maniera sostanziale nel tempo, ma le politiche, le strategie e le competenze non sono state adeguate all’ingresso qualificato delle donne. Oggi molte aziende hanno messo in atto interventi a favore della conciliazione o dell’empowerment delle donne, ma la sostenibilità  e qualità  di questi interventi è garantita solo se le politiche di genere sono introdotte trasversalmente nei processi e procedure, affinché tutta l’azienda pensi e si muova in un’ottica di genere”.

È quanto si propone di realizzare il metodo Poar, uno strumento organizzativo e di pianificazione che, come spiega Roberta Bortolucci, permette di integrare le pari opportunità  in tutti gli ambiti di azione dell’azienda. Di qualità  nella gestione delle risorse umane in un’ottica di genere parla Dora Iacobelli, presidente della Commissione Pari Opportunità  Legacoop, che ricorda in proposito alcuni importanti risultati conseguiti: “Nelle maggiori cooperative sociali aderenti a Legacoop l’incidenza delle donne nelle posizioni apicali è del 50,7%, quella dei consiglieri di amministrazione donna è del 55,6% e quella dei presidenti donna è del 38,5%. Legacoop ha inoltre approvato linee guida che prevedono il 30% di rappresentanza femminile nei CdA di tutte le imprese associate”.


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