Effetto-uragano per Barack l’America lo incorona Comandante

by Sergio Segio | 1 Novembre 2012 8:17

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NEW YORK — «Noi impariamo dalle tragedie. Ci risolleviamo perché pensiamo ai più deboli. Non lasciamo indietro nessuno». Barack Obama visita i luoghi disastrati dall’uragano Sandy e la sua figura di statista improvvisamente torna a giganteggiare: il 78% dei cittadini approva il suo operato nell’emergenza. La tragedia diventa l’occasione per difendere una certa idea dell’America. Il presidente trova il tono giusto per parlare alla sua nazione ferita dalla calamità : «Le famiglie che hanno perso una persona cara vedono crollare il mondo, oggi sono nei nostri cuori e nelle nostre preghiere ». Obama sceglie il New Jersey, perché è lo Stato che ha subito le devastazioni peggiori, con intere cittadine spazzate dalle furia dei venti e delle acque. «Sono qui per voi e non vi dimenticherò finché non sarà  tutto ricostruito», promette. La sua presenza fa ricordare a tutti l’assenteismo di George Bush nella tragedia di Katrina. Il presidente è Commander-in-Chief, capo supremo della nazione, anche nel coordinare le operazioni di soccorso e i primi passi della ricostruzione: proprio usando quella Fema (Federal Emergency Management Agency, la protezione civile) che il suo rivale Mitt Romney vorrebbe smantellare e privatizzare. Obama il decisionista, efficiente e determinato: «Ecco i numeri da chiamare subito, ecco il numero verde della protezione civile, e l’indirizzo del sito Internet. Ho ordinato a tutta l’amministrazione federale: proibito lasciare passare più di 15 minuti prima di rispondere alle vostre telefonate. Non sono tollerati ritardi, niente burocrazia, accorciamo tutte le pratiche per i rimborsi, gli indennizzi, gli aiuti». Mobilita esercito, marina, aviazione militare per trasportare squadre che riparino la rete elettrica, per supplire alla paralisi dei trasporti pubblici. L’intervento del presidente, così autorevole e così attento ai minimi dettagli dei soccorsi, gli vale un elogio prezioso, sorprendente. È l’abbraccio di un rivale politico di primissimo piano, il governatore repubblicano del New Jersey. Chris Christie. Proprio quel Christie che Romney volle come “primo oratore” per lanciare la propria candidatura alla Casa Bianca nella convention repubblicana a Tampa in agosto.
Oggi Christie è al fianco di Obama, lo copre di lodi, gli riserva parole calorose, lo fissa davanti alle telecamere con uno sguardo ammirato: «Io non posso ringraziare abbastanza il presidente per il suo impegno, anche personale, abbiamo stabilito una collaborazione esemplare. Questo è un presidente che fa quel che dice». È una dichiarazione che pesa più di cento comizi, è quasi incredibile, sarebbe stata inimmaginabile nel clima arroventato della campagna elettorale fino a tre giorni fa, prima dell’arrivo di Sandy.
La grinta con cui Obama affronta l’emergenza nazionale, i lutti e le distruzioni; gli elogi che un avversario gli regala: è una possibile svolta, a soli cinque giorni dall’elezione presidenziale del 6 novembre? Di certo l’uragano che ha seminato tanti orrori al suo passaggio, ha anche sconvolto l’agenda politica. Romney è costretto a mettere la sordina ai suoi attacchi al presidente. Parlando nel primo comizio post-uragano, il candidato repubblicano evita i toni aggressivi, deve adeguarsi anche lui al clima del momento: «Una parte importante della nazione sta vivendo un trauma — dice Romney in Florida — in una prova come questa noi ci uniamo ».
L’asimmetrìa è evidente: da una parte il presidente torna ad essere una figura dominante e paterna, il leader della nazione che coordina i soccorsi; dall’altra il rivale deve abbassare i toni. Altri, intanto, possono continuare ad attaccare Romney, e il più singolare affondo gli arriva da Detroit. È la reazione contro uno spot televisivo repubblicano, che pur di mettere in cattiva luce il bilancio economico di Obama “inventa” la notizia che Gm e Chrysler delocalizzano all’estero le produzioni di Suv. Smentisce la Chrysler-Fiat, ma è dalla Gm che arriva la risposta più furiosa: «Romney è entrato in qualche universo parallelo — dice il portavoce della maggiore casa automobilistica — questo è il peggiore cinismo da propaganda elettorale».
I sondaggi non possono ancora registrare un effetto-Sandy, ammesso che ci sia, e alcuni rinunciano a farlo: Gallup ha sospeso ogni indagine perché quattro Stati- chiave sono troppo colpiti dall’uragano (North Carolina, Virginia, Ohio, New Hampshire) e gli elettori non sono raggiungibili. Le ultime rilevazioni continuano a vedere Romney in leggero vantaggio nazionale, Obama lo sorpassa nei cosidetti “Stati in bilico”, quelli che alla fine saranno decisivi. Gli scarti sono così modesti da rientrare nel margine di errore statistico. L’attesa è per una notte “al cardiopalmo” fra il 6 e il 7 novembre. I democratici sono incoraggiati dall’ultimo sondaggio dell’Ohio che dà  5 punti di vantaggio a Obama. I repubblicani inondano di spot anche due Stati come Pennsylvania e Minnesota che avrebbero dovuto essere saldamente nel campo di Obama. Forse qualcuno bluffa, o forse sono tutti al buio.

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