Il governo ricorre a Strasburgo contro la procreazione assistita

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La Corte europea aveva accolto il ricorso di Rosetta Costa e Walter Pavan: portatori sani di fibrosi cistica e già  con un figlio malato, avrebbero voluto ricorrere alla fecondazione assistita e alla diagnosi preimpianto. Vietata però in Italia dalla legge 40.
Nell’agosto scorso, dunque, la Corte ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani sul rispetto per la vita privata e familiare di ciascuno. Segnalando che il sistema legislativo italiano, che consente l’aborto terapeutico, è «illogico». Bocciati gli articoli 4 e 13 della legge 40: quello che consente il ricorso alla fecondazione assistita solo alle coppie sterili o infertili o nel caso in cui l’uomo sia colpito da una malattia virale trasmissibile per via sessuale e quello che vieta la diagnosi preimpianto. La sentenza, condannando l’Italia a versare subito alla coppia 15 mila euro per danni e 2.500 per le spese legali, dava tre mesi per chiedere l’eventuale riesame da parte della Grande Chambre.
E il ricorso italiano è arrivato giusto in tempo per evitare la condanna definitiva e per aprire la campagna elettorale con la benedizione della Chiesa. Ma per carità , palazzo Chigi sostiene che la decisione si sarebbe «resa necessaria» per «salvaguardare l’integrità  e la validità  del sistema giudiziario nazionale». Perché la coppia si sarebbe rivolta a Strasburgo «senza avere prima esperito – come richiede la Convenzione – tutte le vie di ricorso interne e senza tenere nella necessaria considerazione il margine di apprezzamento che ogni Stato conserva nell’adottare la propria legislazione, soprattutto rispetto a criteri di coerenza interni allo stesso ordinamento». La Corte insomma non avrebbe rispettato «la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, ritenendo che il sistema giudiziario italiano non offrisse sufficienti garanzie».
Per l’ex ministra della salute Livia Turco, Pd, la decisione del governo di presentare ricorso «in modo clandestino» è invece «del tutto sbagliata». Un «fatto gravissimo», dice il senatore Pd Ignazio Marino: «La sentenza di Strasburgo, presa all’unanimità , seguiva 19 decisioni di tribunali italiani che avevano chiarito a tutti che la legge 40 è da riscrivere perché antiscientifica, incoerente e insensibile. Sarebbe sorprendente – aggiunge Marino – che un governo tecnico ed europeista in economia non lo fosse altrettanto quando ci sono da tutelare i diritti e la salute delle persone». «Gravissimo errore e grandissimo schiaffo alle donne», dice Giulia Bongiorno, Fli. Mentre si felicita Rocco Buttiglione. L’avvocato Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Luca Coscioni, annuncia che, come nel precedente procedimento, associazioni dei pazienti e parlamentari italiani ed europei si costituiranno anche dinanzi alla Grande Chambre.


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