Il prelievo del 15% «Così l’agricoltura condannata al nanismo»

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La legge ha abrogato la possibilità  per le società  a responsabilità  limitata, in accomandita semplice e in nome collettivo e per le cooperative, che svolgano esclusivamente attività  agricola, di scegliere il regime della tassazione su base catastale anziché quello sui redditi prodotti con l’attività . Sempre la Finanziaria 2007 aveva introdotto la tassazione forfettaria per le Srl costituite da imprenditori agricoli per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti, anche questa cancellata dalla nuova normativa. Questo regime agevolato era nato con l’obiettivo di spingere le aziende agricole a abbandonare la forma di impresa individuale per crescere e affrontare meglio la concorrenza.
Se la versione attuale dovesse passare, a partire dal 1° gennaio 2013 le società  agricole così identificate dovranno tornare a redigere i bilanci e a pagare le tasse sugli utili conseguiti. Non solo. A loro carico viene introdotta per i periodi d’imposta 2012, 2013 e 2014 una rivalutazione del 15% del reddito agrario e dominicale e un moltiplicatore pari a 115. Per i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, la rivalutazione scende al 5% e il moltiplicatore a 105.
Per il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, una simile misura condanna il settore agricolo al nanismo e a essere sempre un settore di nicchia, mentre l’agricoltura italiana ha bisogno di crescere. La superficie media aziendale in Italia è di 7,9 ettari, nettamente al di sotto della media europea (12,6) e ben distante dai nostri principali concorrenti, Francia (52,1), Germania (45,7) e Spagna (23,8). La normativa introdotta dal 2007, che ha avuto attuazione a partire dall’emanazione della circolare nel 2010, ha già  portato una trasformazione: le società  individuali che prima erano il 90% sono scese a una quota dell’85%.
Nella relazione tecnica alla legge di Stabilità  il governo ha calcolato che a optare per il regime a catasto siano state finora circa 2 mila aziende. Un dato che Confagricoltura contesta perché si basa sulle dichiarazioni dei redditi 2011 riferite all’anno 2010.
L’associazione non è in grado di quantificare di quanto potrebbe essere l’aggravio medio per chi aveva optato per questo regime, considerando che la tassazione si basava peraltro su estimi catastali aggiornati per l’ultima volta nel ’96. «Quel che è certo — commenta il responsabile dell’ufficio fiscale Nicola Caputo — è che molte aziende hanno intrapreso o esteso attività  confidando su questo tipo di tassazione agevolata e ora i loro conti sono destinati a saltare».
Secondo un’indagine condotta da Confagricoltura, a farne le spese saranno anche le grandi case vinicole, come il gruppo Banfi, che lamenta un possibile incremento dei costi di almeno il 30%. Ma se queste aziende prestigiose hanno le spalle grosse per far fronte a un maggior prelievo, in linea con quanto avviene a molti contribuenti in Italia, oggi alle prese con un Fisco implacabile, saranno i più piccoli, quelli che stavano tentando il salto di qualità  a dover rinunciare.
Antonella Baccaro


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