Il rifugio e i soldi La fuga di Riva jr

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TARANTO — In Algeria, dicevano le prime indiscrezioni. A Miami, si è ipotizzato in un secondo momento. In un Paese dell’area Schengen, stando alle ultime rivelazioni. Su tutto una sola certezza: Fabio Riva non è in Italia e, almeno fino a ieri, non si è dato un gran daffare per rientrare. Sa bene che rimettere piede al di qua delle Alpi significa finire in cella perché la procura di Taranto ha emesso contro di lui un ordine di custodia per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale. E dal suo rifugio sconosciuto pare stia studiando una soluzione, un modo per negoziare il ritorno che i suoi avvocati, dicono fonti investigative, gli avrebbero invece consigliato.
C’è chi dice che però il rampollo di casa Riva (vicepresidente di Riva Fire, la società  finanziaria di proprietà  della famiglia) non ne voglia sapere: inutile insistere, lui per adesso rimane dov’è, semmai se ne riparla dopo che il tribunale del riesame avrà  valutato le posizioni degli arrestati dell’ultima ordinanza. Il concetto è: stare a vedere come evolvono le cose, potendo contare su consistenti risorse finanziarie in diversi Paesi.
La Guardia di Finanza non ha ancora firmato il «verbale di vane ricerche», un atto che si scrive dopo aver fatto tutti i possibili tentativi per rintracciare un ricercato e che consente al giudice di dichiararlo latitante e avviare le ricerche internazionali. Un modo, forse, per dargli ancora qualche giorno di tempo sapendo che comunque, se volesse rimanere in latitanza, sceglierebbe un Paese che non prevede l’estradizione per i reati di cui lui è accusato. Qualcuno interpreta come una circostanza non casuale il fatto che Fabio Riva fosse all’estero quando è stata emessa l’ordinanza di custodia: una fuga di notizie sui provvedimenti in arrivo potrebbe averlo convinto a rimanere fuori Italia più del dovuto anche se, a dire il vero, lui è molto spesso in viaggio per lavoro e a Milano (dov’è residente) non passa molto tempo. Men che meno a Taranto, dove non si è fatto praticamente mai vedere in questi mesi di inchiesta. Le sole dichiarazioni sul caso Ilva le ha rilasciate a fine agosto da Bruxelles: «Non abbiamo nessuna intenzione di andarcene da Taranto e di mettere a rischio posti di lavoro».
Sul fronte dell’inchiesta ieri è stata la giornata degli interrogatori di garanzia per alcuni degli arrestati. Ed è stato anche il giorno dei commenti, in Procura, sulla bozza del decreto Ilva che dovrebbe essere approvato domani.
«Confermare questa bozza vuol dire autorizzare l’Ilva a commettere reati e non pagarne le conseguenze» è il commento più diffuso. E ancora: «Sarà  un decreto ad aziendam, una violazione ai principi costituzionali di uguaglianza e di diritto alla salute».
Giusi Fasano


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