La giustizia minorile che discrimina: misure alternative precluse agli stranieri

by Sergio Segio | 9 Novembre 2012 11:16

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RIVA DEL GARDA (Tn) – C’è ancora un forte problema di discriminazione nella giustizia minorile, che nega l’accesso alle misure alternative agli autori di reato quando sono stranieri. È quanto emerso dal convegno “La tutela di minori”, in corso fino a sabato a Riva del Garda
“I dati ci dicono che oltre l’80% dei casi di messa alla prova riguarda italiani – evidenzia Nicoletta Pavesi, dell’Università  Cattolica di Milano – e che la percentuale di minori stranieri presenti in carcere è molto maggiore rispetto alla percentuale di minori stranieri autori di reato. Questo significa che per questi ragazzi la detenzione è la scelta privilegiata”. Ma non la scelta migliore: “Sappiamo che il percorso in carcere è stigmatizzante e spesso non solo non rieduca, ma spinge verso altre forme di criminalità ”. Al contrario, l’esperienza delle comunità  e dell’affiancamento nella rieducazione hanno dimostrato di funzionare, ma sono off limits. 

“Il minore straniero si trova al centro di un sistema discriminatorio e poco tutelante e la sua condizione di vulnerabilità  e svantaggio sociale viene peggiorata da un clima culturale di chiusura – sottolinea don Claudio Burgio, cappellano dell’istituto penale per i minorenni Beccaria di Milano e fondatore dell’associazione Kayròs -. I minori stranieri non accompagnati sono tra i più esposti alla scelta della carriera deviante come esito del parziale o totale fallimento del percorso di integrazione. L’illegalità  è all’origine del loro progetto migratorio e ciò li rende particolarmente ricattabili”. Buone pratiche in questo senso si stanno diffondendo, come quelle dell’associazione Kairòs, che gestisce una comunità  per minori e avvia progetti di forte integrazione con il territorio, con la promozione della cittadinanza attiva. “Possiamo contare per ora solo sul privato sociale, sul volontariato e sull’impegno dei singoli operatori – conclude Pavesi -, ma non su un impegno integrato da parte delle istituzioni, perchè manca attenzione su questo aspetto prima ancora delle risorse. Ma una società  che non promuove la legalità  tra le nuove generazioni è destinata a fare una brutta fine”. (gig)

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