L’inchiesta dell’Fbi che ha messo a nudo il capo della Cia

by Sergio Segio | 11 Novembre 2012 8:04

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NEW YORK — Per la sua ambizione e i modi regali, nei ranghi era chiamato King David. E in molti, ieri, hanno evocato l’adulterio del re d’Israele con Betsabea, che ne causò la rovina. Suggestioni bibliche.
Ma più che l‘affaire con Paula Broadwell, a rovinare David Petraeus, precipitandone le dimissioni dalla Cia, sarebbe stata una lite tra donne. Sono state le email minacciose, inviate dall’amante a un’altra signora a lui vicina, a innescare l’inchiesta dell’ Fbi che lo ha messo nell’angolo.
Impaurita dai messaggi della Broadwell, probabilmente dettati da gelosia, la donna, di cui non si conosce il nome, si è infatti rivolta ai federali, che sono in breve tempo risaliti all’autrice. Ma l’indagine li ha portati a scoprire anche l’intenso scambio epistolare a sfondo sessuale tra Broadwell e il generale che guidava la Centrale di Langley. Secondo il sito conservatore Newsmax, sono stati scoperti migliaia di messaggi bollenti inviati da Petraeus alla donna, molti ricchi di «riferimenti espliciti a cose tipo sesso sotto la scrivania». «Siamo rimasti di stucco. Petraeus non c’entrava nulla, ma gli investigatori ci hanno sbattuto contro», hanno detto al New York Times fonti del Congresso a parte dell’inchiesta.
Le stesse fonti hanno negato che gli agenti federali stessero indagando su eventuali fughe di documenti riservati o addirittura spionaggio a favore di potenze straniere. L’esame di tutta la posta elettronica di Petraeus, soprattutto quella partita da indirizzi privati, seguito alla scoperta della sua relazione extraconiugale, è stato piuttosto dettato dalla preoccupazione che l’indirizzo del capo della Cia potesse essere stato violato da pirati cibernetici, che avrebbero potuto poi avere accesso ai sistemi del governo. Conti come quelli di Yahoo e Gmail sono molto vulnerabili agli hacker ed era importante stabilire che quelli di Petraeus non fossero compromessi. Una preoccupazione per fortuna rivelatasi infondata.
Due settimane fa, funzionari dell’ Fbi avevano contattato il generale, rivelandogli gli esiti dell’indagine, ma precisando che non avevano nessuna intenzione di formalizzare un’accusa penale. Lo scenario delle dimissioni non era stato neppure evocato.
Soltanto martedì pomeriggio, in pieno Electoral Day, il Dipartimento della Giustizia ha informato James Clapper, direttore del National Intelligence, che materiale compromettente era emerso a carico del capo della Cia nel corso di un’inchiesta. È stato questi ad affrontare Petraeus, in una discussione protrattasi fin nella notte dei risultati elettorali, e alla fine a dirgli che «la cosa più giusta da fare era dimettersi».
Soltanto mercoledì sera, una volta maturata la decisione di Petraeus, Clapper ha chiamato gli uomini della sicurezza nazionale alla Casa Bianca. Obama è stato informato giovedì mattina. Poche ore dopo, il generale si è presentato con l’offerta di dimissioni davanti al presidente, che ha chiesto una notte di riflessione. Poi, venerdì, l’accettazione ufficiale.
Un piccolo giallo legato alla vicenda riguarda una lettera anonima, pubblicata il 13 luglio scorso sulla pagina dei consigli etici del New York Times. Un marito tradito rivelava la storia d’amore della moglie con un «alto esponente governativo» e chiedeva consigli sul da farsi, se dovesse «soffrire in silenzio» o uscire allo scoperto, mettendo in pericolo «lo sforzo importante» in cui il rivale era impegnato. Il sospetto è che l’anonimo sia proprio Scott Broadwell, il marito di Paula.

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