L’inflazione taglia le tredicesime

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ROMA â€” Risveglio amaro per chi già  sogna la tredicesima: quest’anno l’inflazione se ne mangerà  un pezzetto e il potere d’acquisto dello stipendio-extra di metà  dicembre sarà  un po’ più debole rispetto a quello di un anno fa. In media, calcola la Cgia di Mestre, la perdita secca varierà  fra i 21 e i 46 euro, a seconda della busta paga di base. Tutta colpa della differenza fra la rivalutazione dei contratti ferma (nei primi nove mesi dell’anno) all’1,4 per cento e il costo della vita effettivo che – nello stesso periodo – è aumentato del 3,1. Quell’1,7% di scarto rappresenta una perdita secca del valore reale della tredicesima. Secondo la Cgia si passerà  dai 21 euro in meno per l’operaio specializzato con reddito annuo pari a 21 mila euro, ai 24 per l’impiegato che ne guadagna nell’anno 25 mila, fino ai 46 euro sottratti al capo ufficio con reddito annuo attorno ai 49 mila euro. Una notizia che aumenta la già  forte ansia riguardo al calo dei consumi in atto e che fa ripartire il tamtam
di una richiesta che accomuna sindacati, consumatori e associazioni dei commercianti: il governo detassi le tredicesime. Lo chiede da tempo la Cgil che propone di finanziare l’operazione attraverso i proventi realizzati con la lotta all’evasione fiscale. Lo vogliono sia Confcommercio che Confesercenti, anche se per entrambe la madre di tutte le battaglie resta quella contro il possibile aumento delle aliquote Iva. Lo sostengono, da anni, le associazioni dei consumatori, preoccupate non solo per la caduta del potere d’acquisto delle tredicesime, ma per gli effetti che l’inflazione sta producendo sul reddito dell’intero anno. «A quei 21 euro persi dall’operaio nella tredicesima va in realtà  aggiunto il valore reale rosicchiato dal costo della vita agli altri dodici mesi di stipendio» commenta Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. Secondo i calcoli effettuati assieme all’Adusbef, in dodici mesi le famiglie hanno visto ridursi il potere d’acquisto di 600 euro medi l’anno. Non solo, tenendo conto del peso che, che sulla tredicesima mensilità , avranno l’aumento delle accise e il versamento dell’ultima rata Imu (la stima media complessiva è di circa mille euro), la boccata d’ossigeno garantita ai bilanci dallo stipendio «extra» – assicurano i consumatori – è già  bruciata. Detassare la tredicesima, precisano, è dunque necessario, ma non sufficiente. «Per far sì che a Natale vi sia un minimo di ripresa nei consumi – afferma Trefiletti – è obbligatorio anticipare i saldi». L’idea è quella di copiare il black friday americano (che inaugura gli sconti nel fine settimana successivo al giorno del Ringraziamento, quest’anno quindi al 23 novembre) e liberalizzare le promozioni dal primo dicembre. «Se ne discute da mesi e i negozianti stanno frenando, pur se in Lombardia, dove il dibattito è nato, si stanno aprendo spiragli» spiega Federconsumatori.
Quanto alla detassazione della tredicesima, a fare i conti di quanto possa valere l’operazione è la stessa Cgia. «Un taglio del 30% dell’Irpef potrebbe costare alle casse dello Stato tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro – spiega Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia -Un mancato gettito che potrebbe essere coperto attraverso un’attenta razionalizzazione della spesa pubblica. Per contenere ancor più la spesa, si potrebbe concentrare la detassazione solo sui redditi bassi». Se il suggerimento venisse accolto, un eventuale taglio del 30% del-l’Irpef lascerebbe nelle tasche di un operaio 115 euro in più, 130 euro in quelle di un impiegato e oltre 315 euro in quelle di un capo ufficio.


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