Occupy lascia Wall Street e «combatte» contro l’uragano

by Sergio Segio | 4 Novembre 2012 9:15

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«Viviamo in questo quartiere, e ci siamo sentiti in dovere di aiutare quanti sono in difficoltà ». Come il Cafecito Bogotà¡ a Brooklyn, altre centinaia di persone a New York hanno deciso di rimboccarsi le maniche a seguito dell’uragano Sandy. Un pizzaiolo nel Lower East Side regalava pizza, un uomo nell’East Village utilizzava la sua bicicletta per produrre corrente e permettere ai passanti di caricare i cellulari. La stessa cosa hanno fatto le banche di Manhattan, accogliendo i newyorkesi che non sapevano dove ricaricare computer e telefoni mobili.
I newyorkesi hanno risposto prontamente alla forza distruttiva dell’urgano, mobilitando una rete di volontari che, assieme ai soccorritori della polizia, pompieri e esercito, sta cercando di rimettere in piedi la città  che non dorme mai. La più significativa è guidata da Occupy Wall Street, il movimento di protesta popolare nato nel settembre 2011 e spesso criticato per non essere riuscito a ottenere nulla suo piano politico. Ma sul piano sociale, Occupy ha creato una rete di supporto per molti disoccupati e senzatetto, soprattutto giovani. E nel caso dell’uragano Sandy, Occupy ha sfruttato la serie infinita di conoscenze per attivare volontari, portare aiuti dove i soccorsi tardavano. «È un’evoluzione naturale del nostro lavoro di supporto alle comunità » dice Justin Wedes, uno dei fondatori di Occupy. Pronti all’arrivo dell’uragano, il movimento ha creato Occupy Sandy, un network di volontari che insieme ad altri gruppi come gli ambientalisti 350.org e Recovers.org è entrato in azione a a Red Hook, Chinatown, Lower East Side, Astoria, Staten Island e Far Rockaway, quartieri e località  di New York dove la furia di Sandy si è fatta pesantemente sentire. Decine di chiese e scuole sono state convertite in centri di raccolta cibo, acqua, vestiti, pile, batterie e torce. Sono state attivate linee telefoniche espressamente dedicate al soccorso o a quanti volessero diventare a loro volta volontari.
A Red Hook, il quartiere di Brooklyn che dà  sulla baia di Manhattan, l’intervento di Occupy è stato fondamentale per prestare aiuto alle case popolari senza corrente. I residenti si sono lamentati del ritardo dei soccorsi, necessari per pompare l’acqua dalle strade e dalle cantine dei palazzi, affermando che per adesso l’unico aiuto ricevuto è stato quello della Red Hook Initiative, un gruppo locale associato al movimento di Occupy. Hanno portato acqua, cibo e torce, soprattutto agli anziani bloccati ai piani alti senza l’uso dell’ascensore. Il supporto di Occupy è stato fondamentale anche a a Far Rockaway, località  di mare del Queens, totalmente distrutta dall’uragano. 
Altro grande problema è stata la gestione dei rifugi che il comune ha messo a disposizione dei 375 mila newyorkesi che hanno dovuto evacuare le zone a rischio inondazione. Il sindaco Michael Bloomberg ha provveduto alla creazione di 70 rifugi per coloro che non potevano essere ospitati in quartieri sicuri da parenti o amici, ma non sono stati abbastanza. Occupy è servito anche in questo ad aiutare quanti avevano bisogno di un tetto. Eliza, una donna che vive nell’Upper West Side, si è rivolta a loro dopo aver contattato inutilmente municipio e Croce Rossa per dare disponibilità  di due camere da letto in casa sua. «Non è un atto di carità », precisa Wedes «Ma un modo per ricostruire la comunità ».

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