Orfeo al Tg1, il cda della Rai si spacca

by Sergio Segio | 30 Novembre 2012 8:46

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ROMA — Dovevano uscire dalla Rai, i partiti. Anche a questo erano stati chiamati i “tecnici” Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi. Certo, serve prima di tutto un cambio della governance. Nell’attesa di cambiare la legge Gasparri, però, ci si aspettava che la nuova tornata di nomine desse una maggiore idea di indipendenza e autonomia del servizio pubblico. E invece, a sentire le associazioni e i sindacati dei giornalisti come Fnsi e Usigrai, non è andata così.
All’unanimità , sono stati nominati Giancarlo Leone alla direzione di Rai1 (veniva da Rai Intrattenimento, struttura oggi cancellata) al posto di Mauro Mazza (pronto per RaiCinema), e Andrea Vianello, ora conduttore di Agorà , a Rai3 al posto di Antonio Di Bella(«Ci metterò l’anima», twitta subito, e omaggia il predecessore pronto a diventare corrispondente da Parigi). Passa invece col voto contrario dei due consiglieri espressi dalla società  civile, Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, il nuovo direttore di Rai2 Angelo Teodoli (prima ai palinsesti), che prende il posto di Pasquale d’Alessandro. Ma soprattutto, il cda si spacca sulla nomina del direttore del Tg1: Mario Orfeo ce la fa, prenderà  il posto di Alberto Maccari già  dal 4 dicembre. Il direttore del Messaggero però riceve, oltre ai 5 favorevoli, ben 4 voti contrari: quelli di Luisa Todini e Antonio Pilati, vicini al centrodestra, e quelli di Tobagi e Colombo. «Il mio no è sul metodo – spiega Todini – in un momento di crisi come questo sarebbe stato necessario procedere a un’analisi più attenta delle competenze interne ». Tifava per la conduttrice Monica Maggioni, dicono i ben informati. Mentre Antonio Pilati, e pare anche gli altri, avrebbero preferito Marcello Sorgi. In una nota, Libera, il Comitato per il diritto di informazione e Libertà  e Giustizia denunciano come non sia cambiato il modo di scegliere i candidati: «Che fine hanno fatto le promesse di chiedere ed esaminare i curricula? Abbiamo assistito alle solite pressioni esterne di uomini politici della vecchia maggioranza di governo e di lobby nuove o collaudate in altre epoche». Anche il comitato di redazione del Tg1, pur apprezzando «la scelta di un giornalista autorevole come Orfeo», critica il metodo: «Una nomina a così stretta maggioranza è un brutto segnale. L’azienda avrebbe dovuto cercare una più ampia condivisione senza farsi condizionare dai veti incrociati e dalla politica. I consiglieri di amministrazione dovevano spiegare con trasparenza il perché dei sì e dei no». Quel che è certo, è che su Orfeo piove una mole enorme di congratulazioni politiche bipartisan: dai pdl Maurizio Lupi, Ignazio Larussa, Maurizio Gasparri, al pd Matteo Orfini, al centrista Roberto Rao, al deputato Idv in uscita Nello Formisano. Secondo il vicesegretario del partito democratico Enrico Letta, «le decisioni di oggi aprono una nuova fase nella vita dell’azienda. Sono tutte scelte di sicura professionalità , utili ad accompagnare questo momento delicato».
E però, non è stata affatto una giornata serena per il cda. Tutti i consiglieri, tranne Marco Pinto, hanno respinto in massa il nuovo regolamento consiliare preparato da Anna Maria Tarantola. Compatti, fanno sapere che – nel nome della riservatezza – si pretendeva che non avessero più rapporti con la stampa, e che non
potessero convocare i dirigenti Rai per raccogliere informazioni, cosa di cui si occuperebbe solo il direttore generale. Dalla presidenza arriva un’altra spiegazione: quelle regole non modificavano affatto le prerogative dei consiglieri, né davano più poteri alla Tarantola. Si ispiravano solo alle migliori pratiche aziendali delle società  quotate in borsa, dove i dipendenti – se hanno qualcosa da dire o da chiedere – non si rivolgono certo al cda. Un’ulteriore diminutio, che non è andata giù neanche ai nuovi arrivati. Prima il consiglio si riuniva una volta a settimana, ora solo una ogni 15-20 giorni. Presto sarà  una al mese. Avevano 20 persone di segreteria, adesso sono sei. Una normalizzazione che, a molti, ancora non va giù.

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