PER PRIVATIZZARE NON SERVE PIà™ NEMMENO LO YACHT

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Per l’allora classe dei tecnocrati nostrani, che di lì a poco sarebbe passata in buona parte in politica, si materializzò un invito a una crociera-seminario. Il tema? Come attuare le privatizzazioni nell’Italia statalista appena uscita dalla Guerra Fredda. Il tutto svendendo molti dei gioielli di Stato così da far cassa per fronteggiare il debito pubblico fuori controllo (anche allora al 120% del Pil).
Tra i professori vi erano vari esperti della forte lobby finanziaria della City di Londra, con personale di Barclays, Goldman Sachs e altre banche di affari. Sui banchi di scuola nomi oggi ben noti agli italiani: Mario Draghi, allora direttore del ministero del Tesoro, Romano Prodi, ex gran capo dell’Iri, il ministro Beniamino Andreatta, il banchiere Giovanni Bazoli, Luigi Spaventa e altri, tra cui anche il “giovane” Tremonti. Il corso lampo sulle privatizzazioni, dettato dall’allarme debito e dalla crisi finanziaria, fu chiaro e anche efficace, perché dal 1993 in poi partirono vendite di asset pubblici per 100 mila miliardi di euro e l’Italia si aprì ai mercati globali. In un’intervista del 2005 Tremonti chiosò così la stagione del Britannia: «Oggi non c’è il clima di quegli anni. Non ci sono gli elementi del dramma. Siamo nell’euro, e una crisi simile alla nostra si vive anche e in Francia. La crociera sul Britannia simbolizzò il prezzo che il Paese pagava tanto per modernizzarsi quanto per restare nel club».
Due settimane fa alla Sala Zuccari del Senato si è svolto un seminario a porte chiuse rivolto alle forze politiche italiane, agli enti locali e all’esecutivo su come procedere operativamente a una nuova ondata di dismissioni. Inviti scelti per i tanti alunni ancora reticenti. In cattedra non è servito che arrivassero i banchieri inglesi. Sono bastati i vertici di Cassa Depositi e Prestiti, l’Agenzia del demanio e Bankitalia, e altri burocrati nostrani di alto livello. D’altronde oramai Mario Draghi è al vertice del gotha finanziario europeo e i suoi ascari sono tanti e un po’ ovunque.
Barclays ha avuto problemi con la crisi e ha dovuto vendere le sue tante partecipazioni nelle multinazionali italiane al mega fondo di private equity Blackrock. Il debito oggi è altissimo, l’austerity non funziona (anche se va praticata in ogni caso), e quindi per gli amministratori non si può che bissare la strategia del Britannia. Privatizzare i beni pubblici del paese. Per il ministero del Tesoro si tratta di 400-500 miliardi di euro. Monti accenna a una ventina di miliardi per iniziare, un’inezia se si pensa che questi sono l’1% del nostro debito (con lui al governo ne abbiamo accumulato un tre per cento in un anno). L’unica nota positiva: questa volta lo yacht non è stato necessario. Ha prevalso la sobrietà  della Sala Zuccari. La vera nota negativa: oggi non c’è neanche bisogno di scomodare la teoria del complotto, il mantra delle privatizzazioni e della svendita dello Stato è nel dna di politici e tecnici.
* Re:Common


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