Quegli affari con i Riva del consulente della Procura

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TARANTO — Per la Guardia di Finanza Lorenzo Liberti è stato un «socio occulto» della «T & A Tecnologia e Ambiente», società  barese di ingegneria per la tutela ambientale di proprietà  di Gianluca Intini, collega, amico e uomo di fiducia di Liberti.
Questo dice una delle informative consegnate in procura. Il punto è che La «T & A» ha fra i suoi clienti l’Ilva e che Liberti è stato perito della procura di Taranto per più di dieci anni, alcuni dei quali coincidono con quelli in cui la «T & A» incassava decine di migliaia di euro per scrivere consulenze per conto del Gruppo siderurgico.
Se i finanzieri hanno ragione, quindi, il consulente in quegli anni era, nella migliore delle ipotesi, in pieno conflitto di interessi, questione che la Procura ignorava.
Oggi i magistrati tarantini accusano Liberti di corruzione in atti giudiziari: a marzo del 2010 avrebbe intascato diecimila euro da Girolamo Archinà , uomo delle relazioni pubbliche dell’Ilva, per «ammorbidire» una perizia sulle fonti delle sostanze inquinanti nello stabilimento. Ma inspiegabilmente la Procura — per un corto circuito di informazioni fra un ufficio e l’altro — ha affidato a Liberti altre consulenze anche quando l’inchiesta contro di lui era già  aperta.
Detto questo la domanda è: il ruolo di «socio occulto» di cui parla la Finanza si poteva individuare anche prima di affidare a Liberti la consulenza che ha svelato la presunta mazzetta? E se come dice la Finanza lui aveva la possibilità  di disporre della «T & A» fino al punto di avere nella sede una sorta di ufficio personale, perché non utilizzare il «veicolo» delle consulenze per farsi pagare un’eventuale mazzetta? Perché farsela invece consegnare in una stazione di servizio autostradale?
Argomenti e domande che, se sarà  rinviato a giudizio, entreranno a pieno titolo nel processo contro Girolamo Archinà  che dal carcere continua a ripetere: «Non ho mai pagato nessuna mazzetta al professor Liberti» giurando che la busta bianca consegnata nella stazione di servizio «conteneva soltanto documenti» e che i diecimila euro prelevati dalle casse dell’Ilva erano «un’offerta pasquale per il vescovo».
Giandomenico Caiazza e Gianluca Pierotti, i suoi avvocati, hanno consegnato al giudice delle indagini preliminari Patrizia Todisco documenti che proverebbero come l’Ilva, attraverso Archinà , avrebbe regalato alla curia proprio diecimila euro a ogni Pasqua, fra il 2007 e il 2012.
Oggi la Procura darà  il suo parere sull’eventuale revoca del carcere per l’ex uomo delle relazioni pubbliche dell’Ilva e, sempre in giornata, potrebbe essere emesso il mandato di arresto internazionale per Fabio Riva, il figlio del patron del Gruppo siderurgico dichiarato ufficialmente latitante.
Giusi Fasano


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