Renzi, la convention riparte da Serra

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FIRENZE — Fuori ti accoglie l’immancabile camper della campagna posteggiato in un prato recintato. Dentro, la musica a palla dell’ultima hit di Robbie Williams, Candy.
Per l’ultimo sforzo, prima della tappa finale, i renziani hanno scelto ancora una volta la Stazione Leopolda di Firenze. Luogo a loro caro: qui è cominciato tutto. E qui vorrebbero che finisse (bene) anche questa storia delle primarie. Ha preso il via ieri infatti la tre giorni per la chiusura della campagna di Matteo Renzi, e la liturgia è quella di sempre: maxischermi, toni rossi e blu, la scritta «Viva l’Italia viva». Duemila i posti a sedere, 160 volontari, 50 tecnici, una sala stampa, oltre mille i registrati, un ristorante per le cene (con contributo). Immancabili i gadget, stile convention americana: la maglietta con il dinosauro costa 5 euro, la tazza con lo slogan di Renzi 10. E per chi parla dal palco, solo un leggio trasparente. È lo stesso utilizzato nel confronto tv a Sky Tg24, perché Renzi se lo è fatto spedire.
Tanti gli interventi. Dalla mamma blogger trasferita a Londra, Allegra Salvadori (the Blair Mum project), alla ex finiana, la politologa Sofia Ventura («Con Renzi sta nascendo una cosa molto liberale»), dal braccio destro di Renzi Roberto Reggi (che ha attaccato duramente i bersaniani sui finanziamenti: «Rinuncino ai fondi della famiglia Riva, quelli dell’Ilva di Taranto») a Giuliano da Empoli, da Ermete Realacci a Graziano Delrio, dal vice di Confindustria Ivanhoe Lo Bello all’ex militante ds a Firenze Sara Biagiotti (che critica Ugo Sposetti: «Ci disse in fretta e furia come mettere al riparo il patrimonio immobiliare del partito dal Pd: non credevano nel progetto, evidentemente»). Tanti militanti e amministratori locali. E poi Giorgio Gori, che si aggirava dietro il palco e tra il pubblico. «Io e Matteo ci vogliamo bene», dice. Ma la sensazione, anche plastica, è che in realtà  ci sia stata una forte presa di distanze dal produttore tv, che ha deciso di giocarsi la sua partita politica sul territorio. Magari pensando di candidarsi sindaco a Bergamo.
Ma ieri è stata soprattutto la giornata di Davide Serra. Non ci sta, il finanziere italiano trapiantato a Londra, a passare per l’uomo dei fondi occulti. E così il fondatore di Algebris (finito qualche settimana fa al centro delle polemiche per la cena di Renzi, a porte chiuse, con alcuni finanzieri a Milano) ha deciso di metterci, nuovamente, la faccia e intervenire: «Perché non sono un bandito, paghiamo le tasse, siamo imprenditori. Lavoriamo alla luce del sole. Sono qui per spiegarvi cosa facciamo con la mia società ». In realtà , il discorso di Serra è apparso molto più buonista di quanto ci si aspettava: nessun attacco diretto a Bersani, solo un’autopresentazione. Una strategia frutto (anche) di un lungo colloquio che lui e Renzi hanno avuto nel pomeriggio nello studio del sindaco. Dal finanziere, solo la spiegazione di perché ha deciso di appoggiare il primo cittadino: «Sarei fiero che fosse premier. L’ho scelto per il mio impegno civile. Matteo è una persona che, forse per l’esperienza scout, è disposta a servire gli italiani. Lo supporto da privato cittadino. Anzi, gli ho chiesto se aveva bisogno di fondi e mi ha detto: no grazie, solo di idee».
Ha escluso, però, Serra, un suo eventuale coinvolgimento in un governo guidato da Renzi: «Io ministro? Non scherziamo. Non è la mia competenza. Non ne sarei capace. Sarebbe il più grande disservizio che potrei fare. A ciascuno il suo mestiere. Il mio è quello che faccio e sono contento: lo faccio bene». Poi, un richiamo indiretto a Pier Luigi Bersani: «Il suo è stato un insulto gratuito. Commesso secondo me in maniera erronea. Se qualcuno ha fatto un errore, chieda scusa e vada avanti».
Intanto Matteo Renzi ieri ha preferito lasciare la scena agli altri. Solo poche parole, dette a margine della kermesse: «C’è la concreta possibilità  di vincere: non è un modo di dire, vedendo i dati è a portata di mano». E su Twitter benedice Pietro Ichino, l’economista che intervenendo ieri alla Leopolda ha bacchettato la sinistra («Faccia autocritica sul lavoro»): «C’è più sinistra in 5 minuti di Ichino che in 10 anni di discussione dei soliti noti».
E in serata Velina rossa ha diffuso una lettera del gennaio 2011 scritta dall’ex procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, scomparso il 28 settembre, a Renzi per motivare le sue dimissioni da consigliere della sicurezza a Firenze: «Ogni funzione pubblica non può essere strumentalizzata. Invece emerge dalle tue dichiarazioni che stai usando una funzione pubblica come trampolino di lancio».


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