Scontri di Roma, indagato un agente video al setaccio per trovare i violenti

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ISUOI colleghi della Digos lo hanno individuato e da ieri l’agente è sotto inchiesta per quelle botte. Il poliziotto, che presta servizio al commissariato Viminale, ancora non è stato sentito dal pubblico ministero di Roma Luca Tescaroli, titolare del fascicolo sugli scontri, ma verrà  convocato nei prossimi giorni anche alla luce del referto medico della sua vittima acquisito ieri dagli inquirenti. Il giovane, originario di Belluno, è stato scarcerato venerdì notte dal gip che ha disposto l’obbligo di firma.
Mentre l’inchiesta giudiziaria va avanti, la polizia non sta a guardare: è stata avviata un’indagine disciplinare interna che dovrà  valutare l’ipotesi di sua una sospensione. Quell’uomo potrebbe non essere il solo a finire sotto accusa. Non è stato l’unico violento. Sono molte le immagini che testimoniano eccessi di violenza da parte delle forze dell’ordine. Sequenze ora al vaglio degli investigatori che stanno cercando di dare un nome e un cognome ai loro colleghi che hanno avuto comportamenti deprecabili. Uno di loro, quello che è stato fotografato mentre con il manganello
si avventa su un manifestante che, ignaro, cammina di spalle, è in fase di identificazione. «È una questione di ore», assicuravano in serata fonti investigative. Sarebbe il secondo indagato di una lista che potrebbe allungarsi (anche se al momento sono questi i due episodi eclatanti sui quali gli inquirenti sono al lavoro) sulla quale il capo della polizia Antonio Manganelli ha annunciato di non avere alcuna intenzione di chiudere un occhio.
Tra le sequenze e i fotogrammi che gli uomini della Digos capitolina stanno visionando ci sono anche quelle dei tanti occhi elettronici che vigilano sulle zone in cui ci sono stati scontri e disordini. Telecamere a circuito chiuso di banche, negozi e palazzi che sono ora all’esame di chi deve cercare di ricostruire cosa è successo in quel giorno di follia collettiva. Della polizia, ma anche dei manifestanti, come ha volto precisare il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri: «Bisogna guardare le due facce della medaglia, ci sono anche tanti poliziotti che si sono comportati in modo egregio».
Il tutto mentre gli investigatori stanno facendo anche un giro di ricognizione negli ospedali per scoprire e, eventualmente interrogare, chi si è fatto medicare dopo gli scontri.
Proseguono anche le indagini sui lacrimogeni di via Arenula. Quelli che, in un video pubblicato da sembrano provenire dalle finestre del ministero della Giustizia. Il Racis dei carabinieri, delegato dal Guardasigilli Paola Severino ad accertare i fatti,
ha presentato un primo rapporto: quei fumogeni provenivano dal vicinissimo ponte Garibaldi dove, pochi istanti prima, c’erano stati alcuni scontri. Sono stati lanciati da terra, ma, durante il volo, hanno colpito il palazzo di via Arenula, spaccandosi in più pezzi. «È di tutta evidenza — si legge nel documento che i militari hanno inviato anche alla procura — che la traiettoria ondeggiante può essere prodotta solo in fase di ricaduta e non in fase ascendente». Durante il sopralluogo è stata ritrovata anche la porzione di una capsula di lacrimogeno «già  asseritamente recuperata nel cortile interno del ministero, unitamente a un disco facente parte della capsula» e a due «porzioni di analoghi artifizi con un disco». Una versione che, col passare delle ore, sembra trovare molte conferme investigative ma che lascia alcuni quesiti aperti: quale era il motivo di sparare lacrimogeni alle spalle dei manifestanti in fuga e, soprattutto, con il rischio (che poi si è verificato), di colpire uno dei palazzi più importanti del governo?


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