Spesa militare globale a 1630 miliardi di dollari (+26 per cento in 4 anni)

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ROMA – Secondo il rapporto di Caritas Italiana, Famiglia Cristiana e Il Regno sui conflitti dimenticati, presentato questa mattina a Roma, la guerra non dipende solo da questioni economiche e finanziarie, ma è molto legata alle condizioni politiche dei paesi di riferimento.
“Le democrazie nel mondo sono 77, con caratteristiche molto variabili e diversi gradi di rispetto dei diritti umani – si rileva -. Sono invece 34 i paesi che vivono sotto regimi dichiaratamente autocratici o oligarchici. A cavallo tra i diversi sistemi politici ci sono 43 paesi definiti fragili, le cui strutture istituzionali non possiedono la capacità  e/o la volontà  politica di provvedere alla riduzione della povertà , allo sviluppo e alla tutela della sicurezza e dei diritti umani delle popolazioni. In tali paesi vivono complessivamente circa 1,2 miliardi di persone”.
“Gli Stati fragili costituiscono l’area più vulnerabile del pianeta – sottolinea il rapporto -. Circa metà  di questi paesi sono in condizioni di conflitto interno aperto o latente. Gli Stati fragili, negli ultimi dieci anni, hanno ricevuto circa il 30% degli aiuti internazionali allo sviluppo, e circa il 90% dell’aiuto umanitario, per un totale di circa 40 miliardi di dollari l’anno. Questo impegno finanziario però non si è mai tradotto in un aumento della stabilità  politica e in un miglioramento delle condizioni di vita”.

L’impatto delle guerre sulle persone. Secondo il rapporto “Mercati di guerra”, un aspetto importante da non trascurare, caratteristico delle nuove forme di conflitto armato, risiede nel crescente coinvolgimento dei civili. “La violenza prolungata in tante aree dimenticate del mondo ha portato il bilancio delle vittime civili a livelli insopportabili: le crisi umanitarie colpiscono oggi oltre 60 paesi in tutto il mondo; il numero dei disastri naturali è quasi raddoppiato in vent’anni e la malnutrizione ha ripreso a crescere in modo preoccupante, superando il miliardo di vittime”.
Più di un miliardo di bambini e adolescenti (dati Unicef) vive in scenari di guerra; tra questi, circa 300 milioni hanno meno di 5 anni d’età  (2009). Nella decade precedente, le guerre avevano ucciso circa 2 milioni di bambini e ne avevano reso disabili altri 6 milioni.
Circa 18 milioni di bambini sono costretti ogni anno a spostarsi a causa dei conflitti armati; due terzi di questi sono sfollati all’interno del proprio paese, mentre un terzo sono rifugiati o richiedenti asilo all’estero (Unhcr, 2010); la maggior parte di questi ultimi resta nei paesi limitrofi, spesso vivendo in campi in attesa di poter rientrare in patria, mentre solo circa mezzo milione all’anno chiede asilo nei paesi ad alto reddito (Undp, 2009).
Circa un quarto della popolazione adulta che ha vissuto l’esperienza della guerra soffre di psicopatologie lievi o moderate; il 3-4% soffre di un disturbo psicopatologico grave. Tra il 13% ed il 25% dei minori coinvolti dalle guerre soffre di stress post-traumatico (dati Oms).

Spesa militare e mercato delle armi. Secondo i dati del Sipri di Stoccolma, la spesa militare aggregata a livello globale ha subito un incremento in termini reali di circa il 26% dal 2007 al 2011, raggiungendo i 1.630 miliardi di dollari, risentendo in modo limitato degli effetti negativi della crisi economico-finanziaria.
“La spesa militare globale – evidenzia il rapporto – assorbe circa il 2,7% delle risorse mondiali (espresse in termini di Prodotto Interno Lordo). Gli Stati Uniti rappresentano l’attore prevalente nel determinare questo trend, ma si osserva un aumento della spesa militare anche nei paesi “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), soprattutto nella Russia, che ha aumentato la propria spesa militare, e affianca gli Stati Uniti al vertice della classifica sulle esportazioni di armamenti”.
La spese militari italiane nel 2011 sono state le più basse degli ultimi 10 anni, raggiungendo comunque quasi i 25 milioni di euro (più dell’1,5% del Prodotto Interno Lordo).

 

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