Un disastro da clima surriscaldato

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«Sandy non è solo un disastro meteorologico, è un disastro climatico», diceva ieri Fred Krupp, del gruppo ambientalista Environmental Defense Fund. E’ una sorta di anticipazione di cosa significa «cambiamento del clima», dice Krupp (al notiziario on-line Environmental news service): «In conseguenza dei cambiamenti indotti da attività  umane abbiamo che il livello dei mari si alza. le acqua dell’oceano Atlantico sono più calde, c’è più evaporazione nell’atmosfera: e sono tre ragioni per cui questo uragano ha raggiunto una tale forza distruttiva». Distruttiva, non c’è che dire: dopo aver ucciso 62 persone nel suo passaggio sui Caraibi l’uragano Sandy ne ha uccise almeno 50 negli Usa, oltre a lasciare più di 8 milioni di persone senza luce elettrica – pare che ci vorranno giorni per ripristinarla – e seminare distruzione fino al Michigan, parecchie centinaia di chilometri all’interno. Sulla sua strada tra l’altro Sandy ha investito quattro centrali nucleari (negli stati di New York e New Jersey)…
L’uragano Sandy «mostra cià  che avviene quando la temperatura sulla superfice terrestre sale», diceva ieri (sempre a Ens) Bill McKibben, del gruppo di attivisti ambientali 350.org. Insiste: il cambiamento del clima provocato dall’uso massiccio di combustibili fossili, che sparano nell’atmosfera megatonnellate di gas »di serra» come l’anidride carbonica, c’entra eccome: «E’ la crisi climatica a portare a eventi meteorologici sempre più estremi, come Sandy. L’industria dei combustibili fossili, che spende milioni di dollari per influenzare le elezioni, dovrebbe spenderli invece per i soccorsi». L’industria petrolifera, dice McKibben, «ha speso oltre 150 milioni di dollari per influenzare la campagna elettorale quest’anno. La scorsa settimana Chevron ha fatto la donazione politica più alta da parte di una singola impresa. Questa industria deforma la nostra democrazia, oltre a inquinare la nostra atmosfera. Dovremo lottare contro entrambe queste forme di inquinamento».
Certo, un uragano non è distruttivo solo per la sua forza ma anche per il cammino che prende – se investe zone più o meno abitate ad esempio, o più o meno preparate a far fronte al disastro. Si può anche obiettare che oscillazioni meteorologiche sono nell’ordine naturale delle cose – cicli di riscaldamento sono già  avvenuti nel corso del ‘900, senza risalire molto indietro.
Ma è difficile contestare che la frequenza e l’intensità  di eventi estremi è in aumento. «Proprio come le siccità  senza precedenti, le alluvioni e le ondate di caldo che abbiamo visto duest’anno, una mega tempesta come l’uragano Sandy è esattamente ciò a cui il “riscaldamento globale” assomiglia», scrive sul suo blog Dan Lashof, del Natural Resources Defense Fund. Mentre un’associazione nazionale di surfisti nota che «benché l’uragano sia un evento eccezionale che non va direttamente addebitato al cambiamento del clima, l’aumento della temperatora degli oceani sta creando le premesse per uragani ancora più potenti. Il punto è capire se il disastro riporterà  la questione del clima al centro del discorso politico. oggi ci preoccupiamo dei soccorsi, conclude Krupp: «Ma dobbiamo ricordare che se non cerchiamo seriamente delle soluzioni al problema del clima non avremo modo di proteggerci in modo durevole dalla ferozia del nopstro mondo surriscaldato».


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