Bersani va da Monti «Ti saremo leali, mantengo gli impegni»

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ROMA — Pier Luigi Bersani è salito a Palazzo Chigi «per guardare Mario Monti all’altezza degli occhi». Colloquio franco e cordiale, chiesto dal candidato premier di centrosinistra subito dopo la vittoria delle primarie e durato un’ora e mezza. L’invito era per le otto di sera, ma il capo del governo ha scelto la formula del dopocena.
Al presidente del Consiglio, che gli ha detto di aver molto apprezzato la grande partecipazione delle primarie, il segretario del Pd ha portato le sue preoccupazioni per le «turbolenze» e le «incertezze» di questi giorni. «Lo stallo sulla legge elettorale», l’ansia per il ritorno in campo di Berlusconi, le istanze dei democratici sulla data del voto e anche il futuro politico di una «risorsa preziosa» come Monti. Se sarà  premier lo chiamerà  nello squadrone del centrosinistra? «Che squadrone grande! Non vorrei annettere proprio tutti… — prova a cavarsela con una battuta Bersani, a incontro finito —. Spero che nessuno tiri Monti per la giacca, non è utile al Paese e io non lo farò». Ai collaboratori del premier non è sfuggito come Bersani, che un commesso per un lapsus avrebbe chiamato «presidente», si sia presentato con l’aria del premier in pectore. E anche per questo Monti ha molto apprezzato che l’ospite abbia confermato «piena lealtà » all’esecutivo. Una promessa niente affatto scontata dal momento che nel Pd, visti i sondaggi e i numeri delle primarie, è forte la tentazione di andare al voto prima possibile, con il Porcellum e ottime possibilità  di vincere. Eppure il segretario ha scongiurato rotture, convinto com’è che sarebbe «una follia» far cadere il governo senza approvare la legge di Stabilità , la delega fiscale e altre importanti riforme in cantiere: «Noi manteniamo gli impegni e siamo in Parlamento anche a modificare atti che non sempre ci convincono». Come i tagli a pensioni, scuola e sanità .
Sull’election day la posizione ufficiale del Pd è tenere separate regionali e politiche. «È una decisione che non spetta a me — ha detto Bersani —. Io credo sia utile che le Regionali vengano fatte per tempo e che poi, a scadenza naturale, si facciano le Politiche». Ma è chiaro che se il Pdl dovesse rovesciare il tavolo della legge elettorale, il primo a beneficiarne sarebbe proprio Bersani.
La linea del Pd dunque non cambia, ma il premier sa che lo scenario è mutato. Le primarie sembrano avere spinto sullo sfondo il Monti bis e il presidente del Consiglio avrebbe ripreso a riflettere sul suo futuro anche in chiave europea, con la prospettiva di incarichi prestigiosi che si potrebbero delineare, come la presidenza del Consiglio Ue dopo Van Rompuy: un obiettivo che non escluderebbe, nell’attesa, un impegno di rilievo nel prossimo governo. Entrambi sanno che la storia del 2013 saranno gli elettori a scriverla, ma è comprensibile che per Bersani l’idea di Monti al Quirinale sarebbe il migliore «ombrello» per il suo eventuale governo. L’ufficio stampa di Palazzo Chigi smentisce «grandi congetture» su questi temi e mette in rilievo quanto «importante» e «qualificante» sia il sostegno che Bersani ha ribadito a Monti. Ovvio che il premier abbia espresso la sua preoccupazione per le «tensioni elettoralistiche» che le primarie hanno risvegliato nel Pd, ma qui Bersani ha rassicurato il premier, che ha chiesto il suo appoggio anche per «trovare una mediazione sul bilancio europeo». In fondo, come Monti ha bisogno del sostegno del Pd, Bersani ha bisogno della legittimazione del Professore: proprio ieri l’ambasciatore degli Stati Uniti David Thorne ha indicato «la necessità  di continuare in profondità  sulla strada delle riforme cominciata da Monti».
Il ragionamento ha preso le mosse dalla crisi economica. Il ministro Grilli dice che il pareggio strutturale di bilancio nel 2013 si farà , ma Bersani è scettico, teme che «raggiungere la metà  non sia scontato» e che tocchi imporre nuovi sacrifici nel mezzo della sfida tra regionali e politiche: «Se l’Europa dovesse imporci un’altra manovra, il Paese non sarebbe in grado di sostenerla». Il segretario del Pd, che ieri ha incassato un «quasi» via libera dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, si sente già  mezza vittoria in tasca e ha paura di ereditare una situazione da allarme rosso. «La verità  sui conti pubblici» e «un colpo al timone» per mettere la nave del governo sulla giusta rotta è dunque quanto il leader democratico si aspetta da Monti.


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