Cambiare si può a Ingroia: Si fa presto a dire arancione

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Le sfumature di arancione sono molte, forse non cinquanta, ma di sicuro ce n’è qualcuna da troppo. Almeno per la costruzione della futura lista del Quarto Polo. Che nel week end sembrava cosa fatta; e invece no. Ieri, dopo il lancio dell’assemblea nazionale (a Roma) del 21 dicembre «Io ci sto» convocata dal sostituto Antonio Ingroia e dai sindaci di Palermo Orlando e di Napoli De Magistris, agli arancioni della campagna ‘Cambiare si può’ i conti non sono tornati.
Non è piaciuto, per esempio, il fatto che l’assemblea del 21 al cinema Capranica abbia anticipato a sorpresa quella già  convocata al teatro Quirino per il giorno dopo, indetta da ‘Cambiare si puo’. Non è piaciuto che l’appuntamento firmato dal trio Ingroia-Orlando-De Magistris, sia stato deciso in realtà  nel corso di una riunione convocata nella sede dell’Idv e non molto allargata. Non è piaciuto, ancora, l’accento che i partiti (Idv e Pdci, soprattutto) hanno impresso alla possibilità  di «aprire un dialogo con le forze democratiche»: leggasi Pd. Non è piaciuto, infine, il protagonismo improvviso di quegli stessi partiti, ai quali le assemblee territoriali avevano chiesto «due passi indietro».
E così il sociologo torinese Marco Revelli e l’attivista fiorentino Massimo Torelli, fra i primi a lanciare la campagna di ‘Cambiare si può’, hanno scritto al magistrato domiciliato (per ora) in Guatemala e indicato da civici e arancioni come il miglior candidato premier: «Le prossime elezioni possono davvero trasformarsi in una sorta di referendum sulla possibilità  di “rifare la politica”», dice la lettera, «non l’occasione per contarsi tra i soliti noti, o per far sopravvivere settori ristretti di ceto politico». Chiedono che «si tiri una riga chiara rispetto al vecchio metodo delle oligarchie e delle camarille, dei giochi dietro le quinte e delle logiche autoreferenziali». E infine «che si tiri una riga rispetto alle vecchie facce e degli stagionati apparati, con tutta evidenza incompatibili con una lista di “cittadinanza politica attiva”».
Il nodo della presenza dei partiti è sempre stato argomento delicato nella discussione arancione. E adesso, alla vigilia del varo della lista comune, si fa ancora più delicato: Idv e Pdci spingono per tenere aperto un dialogo con la coalizione di centrosinistra. Almeno finché Bersani e Vendola non fugheranno i dubbi, spiegando di non aver alcuna intenzione di imbarcare gli arancioni nella propria alleanza.
Nel merito poi, agli arancioni di osservanza anti-Pd non è piaciuto che nel documento dell’iniziativa Ingroia-Orlando-De Magistris mancasse il niet deciso verso chi ha sostenuto le riforme Monti; né quell’aria da «arca di Noè» (copyright Alba) che si addensa intorno alla lista. «Se Ingroia vuole essere premier di tutti noi, deve fare un ragionamento per tutti», spiega Torelli, che giura però di essere «ottimista, perché Ingroia queste cose le sa».
Butta acqua sul fuoco Paolo Ferrero del Prc. Che pure vede come fumo negli occhi qualsiasi offerta di dialogo con il centrosinistra; ma d’altro canto è sicuro che il problema non si porrà : «Noi lavoriamo a unire, le frizioni e i nervosismi passeranno. Siamo d’accordo sul 90 per cento delle cose che diciamo: è moltissimo. La lista comune sarà  la forma, lo spirito sarà  quello di una coalizione». Ferrero è sicuro: «Già  parlare di un candidato premier significa parlare di una lista autonoma. La costruzione del Quarto polo sta sollevando molte aspettative tra chi vuole un rovesciamento delle politiche di Monti e sostenute in varie forme dal centro destra e dal centro sinistra. Può essere la vera novità  delle prossime elezioni».
E però i problemi non finiscono qui. Il sostituto Ingroia ogni giorno ripete di non aver ancora deciso se «scendere in campo», benché abbia chiesto un’ aspettativa «cautelativa» al Csm «per motivi elettorali». Ieri dalla destra è partita la polemica: «Il mio amico Ingroia rappresenta tutti gli italiani che vogliono verità  e giustizia sulle stragi e su Paolo Borsellino: non commetta l’errore di candidarsi dando armi ai suoi detrattori, che sono gli stessi che sperano in un nulla di fatto dal processo di Palermo», lo avverte Fabio Granata (Fli). «Ingroia è l’uomo giusto al di là  delle valutazioni su un magistrato che si schiera. Vediamo cosa ci dirà  il 21 dicembre», replica De Magistris, regista delle operazioni arancioni.
Ma la vicenda si complica ulteriormente: i consumantori del Codacons hanno presentato una diffida al Csm «affinché ai magistrati che entrano in politica non sia rilasciata alcuna aspettativa, né sia loro permesso di tornare ad operare nel mondo della giustizia a termine mandato. I magistrati italiani godono di un intollerabile privilegio che consente loro di entrare in politica per poi tornare a lavorare nelle aule di giustizia come e quando vogliono».


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