Che cosa sono gli accordi fiscali con la Svizzera

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Si discute molto nelle ultime settimane di accordi fiscali con la Svizzera. Regno Unito e Austria hanno già  sottoscritto accordi per tassare i capitali esportati illegalmente, mentre il parlamento tedesco ha da poco bocciato un accordo simile, che era stato sottoscritto dal governo pochi mesi fa. Se ne discute anche in Italia e sembra che un accordo potrebbe essere raggiunto prima della fine dell’anno: se ne è parlato anche nel confronto televisivo di mercoledì sera tra Bersani e Renzi (e parlandone il segretario del PD ha usato un bizzarro proverbio su piccioni e tacchini).

In Svizzera i depositi bancari godono di una fiscalità  molto vantaggiosa e a chi deposita soldi in banca è garantito, dal 1934, il segreto bancario. Il segreto bancario è simile al segreto professionale a cui medici e avvocati sono tenuti nei confronti dei loro clienti, soltanto che vale per una banca nei confronti di chi deposita denaro nelle sue casse. Per questi motivi la Svizzera ha attirato negli anni miliardi di capitali da tutto il mondo ed diventata è la terza piazza finanziaria dopo Stati Uniti e Regno Unito. Secondo la gran parte delle stime circa il 90% di questi capitali sono arrivati in Svizzera illegalmente, cioè aggirando le leggi fiscali sulle esportazioni di capitali.

Cosa sono gli accordi fiscali
Con la crisi finanziaria, gli organismi internazionali hanno aumentato le loro pressioni su tutti i cosiddetti paradisi fiscali, ovvero i paesi che applicano tassazioni molto favorevoli sulle attività  economiche e finanziarie. Tra gli altri, anche la Svizzera ha dovuto ammorbidire il suo segreto bancario e promettere ulteriori riforme. Anche gli accordi di questi mesi fanno parte di questi provvedimenti contro i paradisi fiscali. Si tratta in sostanza di condoni, cioè di accordi che permettono il pagamento di una certa cifra per risolvere una pendenza con il fisco.

Gli accordi già  firmati sono tutti molto simili. Una certa percentuale del capitale esportato illegalmente – tra il 20% e il 40% – sarà  tassata subito. Poi, da quando l’accordo entrerà  in vigore, gli interessi e i dividendi che quel capitale genererà  verranno tassati secondo un’altra aliquota, oppure verranno assoggettati alla tassazione del paese di residenza di chi ha esportato il capitale.

A pagare non saranno direttamente i clienti delle banche, quelli che hanno esportato il denaro illegalmente. Gli accordi vengono sottoscritti tra i governi e quello svizzero si impegna ad anticipare direttamente la cifra, prelevandola poi dalle banche. Queste ultime potranno scegliere se e come rivalersi sui proprio clienti. In cambio, la banche svizzere otterranno la possibilità  di tutelare l’anonimato dei loro clienti, mentre lo stato che firma l’accordo si impegnerà  a non perseguirli in tribunale.

Gli accordi con l’Italia
Di accordo fiscale con la Svizzera si parla in Italia da circa un anno e le ultime notizie sono che le trattative dovrebbero concludersi entro il 21 dicembre. L’ultimo incontro è avvenuto venerdì a Roma, tra il ministro Corrado Passera e due rappresentanti svizzeri. Le stime sulla quantità  di capitali italiani in Svizzera variano molto, ma sono quasi tutte intorno ai 100 miliardi di euro (Bersani ha detto 140 miliardi nel confronto televisivo, Renzi 160 miliardi). Quanto potrebbe ottenere il governo italiano dipenderà  da quali saranno le aliquote che usciranno dagli accordi.

Le stime più ottimistiche, sia nel senso di massa di capitale che si trova in Svizzera sia in quello di massime aliquote spuntate, parlano di un guadagno immediato di 37 miliardi e di un gettito di 500 milioni l’anno. Queste cifre si riuscirebbero ad ottenere con un’aliquota del 25% sul capitale e un’imposta al 25% sugli interessi che quel capitale produce. Stime più prudenti parlano di un guadagno iniziale di 10-15 miliardi.

In molti ritengono entrambe queste stime un po’ troppo ottimistiche. Per prima cosa, gli svizzeri sostengono che l’Italia non può chiedere di avere aliquote allineate a quelle degli altri paesi, cioè tra il 20% e il 40%. Negli ultimi anni in Italia sono stati varati numerosi condoni che hanno portato al rientro di diversi capitali dalla Svizzera, causando perdite al sistema bancario. Poi si deve considerare che i capitali non sono immobili: è probabile che le grandi banche svizzere, come UBS e Credit Suisse, stiano aiutando i clienti a spostare i loro capitali nelle filiali di Singapore e altri paradisi fiscali, in modo da farli sfuggire ad un eventuale accordo.

Il governo italiano sostiene di essere in una fase della trattativa “non conclusiva”. Secondo il governo il punto è “non far sembrare l’accordo un condono”, ma non è chiaro come vada interpretata questa frase. Secondo l’Unità , questo significherebbe che il governo non è disposto a concedere l’anonimato al quale, naturalmente, la Svizzera non vuole rinunciare. L’Italia rischia di trovarsi senza un accordo fiscale con la Svizzera perché non è disposta ad accettare un trattamento troppo morbido nei confronti degli evasori. La stessa cosa che è accaduta in Germania.

L’accordo in Germania
La Germania è stata uno dei primi paesi a sottoscrivere un accordo fiscale con la Svizzera, insieme ad Austria e Regno Unito. L’accordo prevedeva una tassazione del capitale tra il 21% e il 40%, a secondo del periodo in cui è rimasto in Svizzera. Gli interessi e dividendi generati dal capitale dovevano essere tassati secondo la legge tedesca. In cambio, agli evasori sarebbe stato garantito l’anonimato e non sarebbero stati perseguiti dalle autorità  tedesche.

Venerdì scorso l’accordo è stato bocciato al Bundesrat, il consiglio federale in cui sono rappresentati i sedici Là¤nder tedeschi. Verdi e socialisti si sono opposti dichiarando che l’accordo non era abbastanza duro nei confronti degli evasori. «La correttezza e l’equità  fiscale – ha spiegato un leader socialista – non sono materie negoziabili per noi». Il governo di Angela Merkel ha dichiarato che la bocciatura dell’accordo è un gesto irresponsabile. Il governo svizzero, dove invece l’accordo è già  stato approvato dal parlamento, ha dichiarato che non intende rinunciare ad un accordo fiscale con la Germania.

Foto: FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images


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