Europa preoccupata dalla possibile vittoria di coalizioni precarie

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L’accoglienza ricevuta ieri da Monti alla riunione del Ppe, dove è stato invitato a sorpresa, ha rianimato le voci di una sua candidatura alla guida di uno schieramento moderato. Silvio Berlusconi, presente al vertice a Bruxelles, non era informato, ma ha rivendicato di avergli offerto la candidatura.
Comunque vada a finire è improbabile che il capo del Pdl sia accettato da Monti come «regista» di un eventuale impegno in politica. Ieri, davanti ai popolari dell’Ue, Berlusconi ha fatto ogni sforzo per mostrarsi un sostenitore della leadership montiana. Ha perfino assicurato di essere stato «coccolato» dai capi del Ppe. Eppure, si è capito bene che era lì in veste di imputato politico per avere provocato le dimissioni di Monti. E si è ritrovato accerchiato da capi di governo decisi a chiedergli conto dello strappo in Parlamento della scorsa settimana, e delle parole contro l’Ue e l’euro.
Il premier italiano non ha fatto nulla per attenuare le responsabilità  del Pdl. Ha spiegato di essere stato invitato «dal presidente del Ppe, Maertens, per spiegare i motivi che «hanno determinato la mia decisione»: e cioè l’annuncio di dimissioni. Gli interlocutori invocano un’Italia «forte e stabile», identificandola con lui; e implicitamente accusano Berlusconi. Monti ha cercato di offrire rassicurazioni sul futuro. «Quale che sia il prossimo governo», ha detto, «si collocherà  nel solco europeo: è nell’interesse nazionale».
Ma le cancellerie occidentali non ne sembrano sicure. Il fatto che il capogruppo del Ppe a Strasburgo, Joseph Daul, abbia ribadito le critiche contro «l’antieuropeismo di Berlusconi» è rivelatore. Suona come un avvertimento al suo partito perché prenda ufficialmente le distanze dal fondatore. Non è da escludersi che tanta durezza dipenda anche dalla previsione di una scissione del partito: a cominciare dai parlamentari legati a Comunione e liberazione, come Mario Mauro, da qualche tempo critico irriducibile del Cavaliere. Ma per ora non risulta.
La riunione successiva del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo è stata una conferma. Hollande, che pure non vede male a palazzo Chigi il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha dichiarato che «Monti è l’uomo che ha consentito all’Italia di rialzarsi e di riprendere un ruolo chiave». La sensazione è che l’Europa faccia il tifo per lui: diffida del populismo berlusconiano e di un’alleanza Pd-Sel. È uno sfondo che non piace al partito di Bersani, pronto a lanciare un altolà  nervoso. Ma dietro l’Ue si scorge la sagoma della Casa Bianca di Barack Obama.


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