I salafiti incendiano il secondo turno

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IL CAIRO. Si aprono i seggi oggi per il secondo turno del Referendum costituzionale in Egitto. Sono chiamati alle urne gli elettori di 18 governatorati tra i quali Giza, Suez, Minia e nel mar Rosso. Ieri sono scesi in piazza gli islamisti per il secondo venerdì consecutivo, la moschea Qaed Ibrahim di Alessandria è stata al centro di scontri tra attivisti salafiti e movimenti di opposizione. Gli islamisti avevano indetto ieri mattina una grande manifestazione, ma il ministero degli interni aveva avvertito della possibilità  di scontri. E così le opposizioni avevano rinunciato a manifestare. «Gruppi di liberali e socialisti erano presenti sul lungomare adiacente la moschea contro le direttive del Fronte nazionale di salvezza», ci spiega l’attivista socialista Mahinour el-Masri, presente sul posto. «Gli scontri sono durati alcune ore con una sassaiola e si sono sentiti spari», ha proseguito Mahi. La polizia è intervenuta con il lancio di lacrimogeni. Secondo il ministero della sanità  si contano oltre 50 feriti e decine di intossicati. Anche lo scorso venerdì, alle parole di incitamento per votare «sì» al referendum costituzionale dello sheykh radicale Ahmed el-Mahalawy avevano fatto seguito duri scontri all’interno e all’esterno della moschea.
A convocare la manifestazione di ieri ad Alessandria sono state le associazioni salafite dawaa el-salafya, il partito el-Nour (luce), le associazioni islamiche universitarie, gamaat al-Islamya, e Libertà  e giustizia, partito dei Fratelli musulmani. Ma ad usare la forza, secondo molti attivisti di opposizione, potrebbero essere stati esponenti del movimento Hazimon. Questi salafiti radicali sono ispirati dalle parole di Abu Ismail, candidato salafita escluso alle elezioni presidenziali del maggio scorso, e dalle prediche dell’ottantasettenne sheykh di Alessandria, el Mahalawy. Secondo i movimenti laici, il gruppo si è reso responsabile lo scorso sabato di un attacco alla sede del partito liberale Wafd nel quartiere di Dokki al Cairo. Sul quotidiano Wafd, sono apparse nei giorni scorsi delle foto che mostrano lo stesso Abu Ismail prendere parte all’assalto. Secondo testimoni, è stato appiccato il fuoco sulla facciata del partito dopo di che è iniziato il lancio di bottiglie molotov contro le vetture che circondavano il palazzo.
Ahmed Hussein, segretario del movimento nasserista vicino a Hamdin Sabbahi, ha denunciato attacchi simili al quartier generale della Corrente popolare in piazza Libano a Mohandessin, quartiere commerciale del centro del Cairo. «Prima di arrivare a Dokki nella notte di sabato, gli Hazimon hanno visitato la sede del nostro partito. Urlavano “vogliamo appiccare il fuoco all’edificio”. Avevano armi, bottiglie molotov e pistole», ha detto Hussein al manifesto. Insieme agli Hazimon, hanno preso parte all’assalto del Wafd e della Corrente popolare anche esponenti del movimento al-Ahrar, un gruppo di auto difesa giovanile che vigila sulla moralità  pubblica. Questi giovani salafiti, nei giorni scorsi, hanno attaccato vari bar del centro del Cairo, considerati haram, non conformi ai dettami della legge islamica. Secondo il quotidiano indipendente al-Shoruk, decine di persone sono rimaste ferite in questi attacchi mirati, inclusi attivisti politici. Durante l’assalto, gli Hazimon cantavano: «La sharia (legge islamica, ndr) è uno stile di vita».
A fomentare le polemiche, sono arrivate ieri le parole di Essam el-Arian, ideologo della Fratellanza, vicino al movimento giovanile. «Se disponessimo di milizie ci saremmo difesi quando ci attaccavano all’ingresso del palazzo presidenziale», ha dichiarato el-Arian. Ma il politico è andato avanti: «La Fratellanza sta considerando di armare la gioventù islamica per proteggere i suoi uffici. Ma mai si arriverà  al caos perché il popolo egiziano sa difendere se stesso e il paese», ha concluso in riferimento ai ripetuti attacchi che le sedi del partito islamista hanno subito in tutto il paese. In seguito alle prime indagini, la polizia egiziana ha arrestato vari esponenti del movimento Hazimon con l’accusa di essere responsabili degli attacchi dei giorni scorsi. Tra gli arrestati l’ingegnere Ahmed Arafa, accusato di detenzione abusiva di armi e l’attivista Sherif el-Hosary.
Sul reale pericolo di movimenti islamisti radicali armati, abbiamo sentito Ali Bakr, ricercatore specializzato in movimenti salafiti. «Gli Hazimon non hanno alcuna organizzazione o struttura cementata. Si incontrano in luoghi diversi in base alle loro esigenze di educazione morale del popolo egiziano. Ho letto le loro pagine Facebook e non si discostano dalla retorica islamista del partito salafita el-Nour». Quello che preoccupa principalmente è il fatto che dispongano di armi. «Si tratta di un movimento reazionario e violento, incitano a diffondere il caos e ad incendiare edifici, hanno a disposizione armi e costruiscono ordigni rudimentali», ha aggiunto Bakr. Secondo il quotidiano indipendente Masry al-Youm, negli ultimi mesi il traffico di armi attraverso il Sinai è incredibilmente cresciuto e ha contribuito ad armare i movimenti salafiti egiziani radicali.


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