I timori del Pd: più utile se il Professore resta fuori

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ROMA — E se lo facesse davvero? Se sul serio Mario Monti decidesse di battezzare una lista di centro, pur non presentandosi in prima persona? Al Pd non si parla d’altro. C’è chi lo fa sperando che questo serva al Partito democratico per avere un viatico internazionale, tramite un’alleanza con i moderati guidati dal premier, e c’è chi invece pensa che il terzo incomodo possa arrecare danno al centrosinistra.
A Largo del Nazareno tutti, o quasi, cercano di cucirsi le bocche, ma le implicazioni della discesa in campo dell’attuale presidente del Consiglio sono tali che tenere le labbra sigillate diventa impresa improba, se non impossibile. Il primo a parlare, non a favore di telecamere e microfoni, che quelli poco gli interessano, convinto com’è che la comunicazione passi altrove, è Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd, con l’aria sorniona che lo contraddistingue, e di cui non può fare a meno perché è un tratto fondamentale del suo carattere, si rivolge ai suoi con queste parole: «Mi sembra più utile al Paese che Monti stia fuori della contesa, dopodiché è ovvio che deciderà  lui. Dopodiché io penso che Monti debba restare una carta per tutti, non un’occasione per Montezemolo, Casini e Fini».
E’ ovvio che Monti decida da solo. Ed è altrettanto ovvio che il leader del Partito democratico prenderà  le sue contromisure. La posta in gioco è alta, anzi altissima: è il governo dell’Italia. Bersani, nel suo pragmatismo tinto di umiltà , ha chiaro l’obiettivo finale e prepara la controffensiva: «L’iniziativa di Berlusconi rischia di bloccare tutto. La mia agenda non cancella quella di Monti, ma va oltre. Anche perché io ho sempre detto che se vincessimo sia alla Camera che al Senato, ci allargheremmo comunque ai moderati».
Parla così il segretario del Pd, ma sa bene che c’è chi scommette sulla sconfitta del centrosinistra, che sarebbe agevolata dalla presentazione di una lista che ruberebbe i voti a Berlusconi ma anche al Pd. Compulsa i sondaggi, Bersani, e si rende perfettamente conto che i 169 seggi che vengono attribuiti al centrosinistra a Palazzo Madama, possono diventare 155, se si perdono le Regioni-chiave, a cominciare dalla Lombardia. La maggioranza conta 158 seggi al Senato e non è detto che il centrosinistra vincente li conquisti tutti, anche perché l’eventuale discesa in campo di Monti potrebbe sparigliare le carte.
Il segretario del Partito democratico ha ben presenti le implicazioni che un eventuale ingresso di Monti in politica comporterebbe. E fa affidamento sul fatto che, alla fine della festa, al centro non possa «decollare nulla di serio». E perciò rimane attaccato al suo piano originale: «Che il centro prenda il 15 per cento o l’8 non ci cambia molto. Con questa legge elettorale vinciamo alla Camera e dopo ci allarghiamo ai moderati anche se siamo autosufficienti». Ma è un mantra che convince fino a un certo punto. Perché la domanda resta sempre lì sospesa. E se Monti si candidasse? Berlusconi avrebbe un’autostrada spianata perché, insieme a Grillo, raccoglierebbe i consensi di chi in questi anni è stato piegato dagli eventi della crisi.
Il Pd, però, non potrebbe fare campagne né conto Monti né a suo favore. Stefano Fassina, responsabile economico del partito, assicura che, discesa in campo o meno del premier, non l’avrebbe fatta lo stesso: «Faremo una campagna contro chi ha determinato le condizioni per cui, unico caso in Europa, abbiamo il pareggio del bilancio nel 2013: è colpa delle misure più dolorose attuate dal governo Monti». Stefano Ceccanti, uno dei capofila dei filo-montiani del Pd immagina uno scenario diverso: «Monti sarà  a capo di una lista di centro alleata del Pd, in questo modo Bersani andrà  a Palazzo Chigi e lui al Quirinale».
Ma Paolo Gentiloni che è convinto come Veltroni che il centro che verrà  sarà  il nuovo antagonista del Pd, declina il problema in modo diverso: «Monti in campo rappresenta certamente una competizione rilevante per noi, ma è anche una chance per costruire una maggioranza politica responsabile ed europeista».
Allo stato maggiore del Pd si prefigura il futuro attraverso i sondaggi che sembrano assai rassicuranti: raccontano che Bersani nel favore degli italiani ha conquistato il 30 per cento, mentre Mario Monti è inchiodato a un 22 che tende a calare. Chiosa di Matteo Orfini: «Scendendo in campo il premier rende impossibile il Monti bis, dato che a occhio e croce il risultato del centro non sarà  straripante». Già , a Largo del Nazareno ci si rassicura con la coperta di Linus dei sondaggi.
Maria Teresa Meli


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Ufficialmente non è in programma nessun vertice fra Mario Monti e i tre partiti che lo sostengono. E non esiste nemmeno un’ipotesi concreta di compromesso sull’articolo 18: anche perché, ha annunciato ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il testo col disegno di legge arriverà  a giorni, ma non è ancora pronto.

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