In Siria uccisi più di 100 giornalisti

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Passa come una notizia qualsiasi la morte di un giovane nella battaglia senza fine per la libertà  in atto in Siria. Ma il paese giorno dopo giorno perde la rosa della sua generazione dinamica in un conflitto, voluto dal regime di Bashar Al Assad, come una guerra esasperata violenta, brutale e crudele, portata al più lungo possible. Dall’inizio della rivolta popolare, nel marzo del 2011, sono caduti oltre cento giornalisti e attivisti dei media. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione della libertà  di stampa di “The Syrian Journalists Association”, l’associazione dei giornalisti siriani liberi, il mese di novembre è stato il più sanguinoso. La Commissione ha accertato la morte di 13 tra giornalisti e attivisti in tutto il paese,come un segnale, chiaro, grave e pericoloso della deliberata decisione del regime di mettere a tacere ogni voce che potrebbe raccontare cio’ accade.

Molti nel mondo si chiedono, come arrivano alle televisioni dei quattro angoli della terra, le immagini delle citta’ bombardate, dei quartieri distrutti, dei civili inermi massacrati, delle manifestazioni pacifiche in ogni parte del paese? Sono proprio loro, i volontari, di tutte le categorie: dai piu’ professionisti fino agli studenti universitari, gli artigiani, e persino i semplici lavoratori. Si armano unicamente di telefonini, di telecamere, di computer, con grande grinta e determinazione, sfidando la morte, sia dalle granate, o in seguito ad un’eventuale arresto. Obiettivo loro e’ solo trasmettere all’estero, l’attualita’ dei fatti siriani.

Due settimane fa ad esempio, la Siria e’stata letteralmente isolata per due giorni, a seguito del black out totale dell’internet. Nonostante ciò, il racconto degli sviluppi andò avanti con grande coraggio, grazie ai pochi telefonini satellitari, e alla nuova tecnologia offerta da siti globali come google e twitter, nonche’ la rete di solidarieta’ dei siriani all’estero. E’ chiaro che la concentrazione dell’impegno degli operatori mediatici “fai da te” fin dai primi mesi della rivolta popolare, era spesso indirizzata verso i canali piu’ visti, ossia Aljazeera e Alarabiya.

Così, nonostante lo sforzo di questi eroi ignoti durante i lunghi mesi della rivoluzione siriana, la copertura mediatica di quello che accade nel paese, rimane lontana dagli occhi di molti spettatori che non hanno la fortuna di capire l’arabo per poter seguire i canali satellitari del golfo, e non solo. E’ triste attestare che la notizia siriana rimane nel miglior dei casi all’ultimo posto nei telegiornali e nei quotidiani europei e americani. In altri casi ci si limita a parlare ogni tanto di un conflitto “civile” armato nel paese, con accanto il nuovo “record” dei morti.

La realta’ della stampa siriana di oggi, e’ ben molto diversa da quella di un anno fa, ma anche di sei mesi fa. C’e una nuova generazione di professionisti (sostenuta anche dalla vecchia), che ha intrapreso la strada di comunicare con la gente usufruendo di tutti mezzi disponibili. Accanto alle innumerevoli pagine facebook e blog e siti internet, migliaia di copie di nuovi giornali vengono distribuiti ogni settimana nelle province siriane, da ragazzi che hanno volontariamente lavorato in tutte le fasi editoriali, sfidando la censura e il rischio di arresto, la mancanza di elettricita’, di acqua, e spesso di internet. Su questi giornali, si vedono titoli di attivisti, oppositori, membri dei vari movimenti rivoluzionari, ma c’è sempre spazio per temi sociali e per riflessioni sulle prospettive del paese.

Ma la vera novita’ in questa realta’ mediatica in continua evoluzione, consiste nelle stazioni radio, onda corta, o via internet. Decine di emittenti radiofoniche hanno guadagnato terreno e vasta popolarita’ pur essendo nate da breve data. Esse trasmettono oltre alle canzoni e alla musica leggera, programmi che trattano la realta’: da argomenti come la forma futura della costituzione dello Stato, e la liberta’ di espressione, fino alla disoccupazione e la situazione economica del paese.

L’idea che ognuno puo’ dire la sua su tutto, ha aperto le porte alla creativita’ dei siriani di tutte le categorie e le fasce sociali. Cosi’ diventano sempre piu’ frequenti i work shop, e gli incontri organizzati da professionisti nei paesi vicini per dare piu’ know how ai giovani operatori, ma anche sono ancora maggiori le richieste di sostegno ai progetti da loro ideati, alle enti internazionali di competenza.

Quali che saranno gli sviluppi nel paese, rimane il fatto che i siriani andranno avanti con quel poco che hanno fino alla realizzazione del loro sogno: un paese libero e democratico per tutti. Questo popolo che paga ogni giorno piu’ di due cento morti della sua meglio gioventu’ meriterebbe maggior attenzione mondiale popolare, e non solo politica istituzionale.


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