La caccia agli untori del XXI Secolo

by Sergio Segio | 19 Dicembre 2012 13:22

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La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!), fu addosso al vecchio; lo prendon per i capelli, bianchi com’erano; lo carican di pugni e di calci; parte lo tirano, parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrascinarlo, così semivivo, alla prigione, ai giudici, alle torture. “Io lo vidi mentre lo strascinavan così”, dice il Ripamonti: “e non ne seppi piu altro: credo bene che non abbia potuto sopravvivere più di qualche momento».
Questo racconta Manzoni nei Promessi Sposi narrando della peste e degli untori. La popolazione, disperata, non sapendo che fare, chiede l’intervento divino. Dopo molte discussioni si decide di portare in processione per la città  la statua di San Carlo, convinti che la peste sarebbe stata fermata dal suo sacro corpo. Invece, come scrive Manzoni «il giorno seguente, mentre appunto regnava quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della città , a un tal eccesso, con un salto così subitaneo, che non ci fu chi non ne vedesse la causa, o l’occasione, nella processione medesima».
Ma il pregiudizio è cieco. Siccome non fu ritenuto possibile che tante persone fossero state unte contemporaneamente con l’unguento giallo di cui si favoleggiava, ci fu qualcuno che insinuò che gli untori avessero sparso per tutte le strade dove era passata la processione una polvere venefica che bastava calpestare per cadere ammalati. Ma chi era questo orribile nemico dei milanesi? Qualche straniero perverso, qualche nemico della patria? Di stranieri se ne vedevano pochi in città . Allora si disse che erano i milanesi stessi, quelli abitati dall’odio e da un disegno delittuoso, a volere spargere la peste. E chi erano costoro se non i nemici della religione, i mandanti del diavolo stesso? E via la caccia alle streghe, con la conseguente strage dei sospetti.
Questo nel 17° secolo. Ma oggi? Cosa spinge degli uomini del 2012, in tempi di tecnologia avanzata e di conoscenze mediche sofisticate, a uccidere dei poveri volontari che volevano solo vaccinare dei bambini per salvarli dalla poliomelite, dichiarandoli nemici che vogliono sterilizzare i musulmani? E’ facile parlare di ignoranza. L’ignoranza appartiene ai tempi in cui non si conoscevano i germi e i virus, ma oggi direi che si deve parlare di accecamento. Il fanatismo ottenebra e rende ottusi e crudeli. Eppure il fanatismo è talmente radicato nel cuore dell’essere umano che, non trovando di che nutrirlo da fonti esterne, lo nutre di se stesso. Il fanatico oggi mangia il proprio corpo malato e si consuma fino a autodistruggersi. La sicurezza di garantirsi il potere sull’altro lo spinge al cannibalismo e al delitto. Né Cristo né Maometto hanno mai incitato a uccidere il medico che ti vuole salvare. Ma la paura sì e la paura deve essere profonda se porta a tali azioni di stupida perfidia. Cinque volontari, di cui quattro donne, sono stati uccisi dal fanatismo religioso. Piangiamo per quei poveri medici. Ma piangiamo anche per la sparizione della comprensione, della carità  e per l’apparizione mostruosa del fanatismo dagli occhi ciechi e le unghie come coltelli.
«L’istesso giorno della processione», scrive ancora Manzoni. «vedemmo la pietà  cozzar con l’empietà , la perfidia con la sincerità , la perdita con l’acquisto. Ed era in vece il povero senno umano che cozzava cò fantasmi creati da sé».

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