L’Agcom: la par condicio vale per tutti anche per chi non corre direttamente

by Sergio Segio | 29 Dicembre 2012 9:38

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ROMA — Più par condicio per tutti. Anche per chi non è candidato direttamente ma rappresenta comunque un partito, una lista, uno schieramento. Com’è il caso dell’ex premier e senatore a vita Mario Monti, com’è quello di Beppe Grillo, leader del Movimento Cinque Stelle.
Questa è l’unica new entry di rilievo nel regolamento approvato ieri all’unanimità  dal consiglio dell’Autorità  per le garanzie nelle Comunicazioni e che disciplinerà  la campagna elettorale per la tornata del 24 e 25 febbraio 2013 sulle emittenti radiotelevisive private e locali, sulla stampa quotidiana e periodica, nei sondaggi. Quanto alla Rai invece, il compito spetta alla commissione di Vigilanza che si riunirà  il 3 gennaio.
Il Garante si è adeguato dunque alle nuove realtà  del panorama politico italiano e all’articolo 7 spiega che «in tutte le trasmissioni diverse da quelle di comunicazione politica, dai messaggi politici autogestiti e dai programmi di informazione, non è ammessa ad alcun titolo la presenza di candidati o di esponenti politici o di persone chiaramente riconducibili ai soggetti politici». Inoltre «non possono essere trattati temi di evidente rilevanza politica ed elettorale né che riguardino vicende o fatti personali di politici».
Il resto sono regole ormai rodate: i direttori responsabili di tg, giornali radio, notiziari e altri programmi di contenuto informativo, nonché conduttori e registi, sono tenuti ad un comportamento corretto e imparziale. Devono assicurare parità  di trattamento ed eventualmente riequilibrare. Vietato fornire, anche indirettamente, indicazioni di voto. La par condicio, spiegano dall’Authority, è già  in vigore dal 24 dicembre.
Il tempo di renderlo pubblico e già  sono partiti i mugugni bipartisan. «Il regolamento era un atto dovuto» osserva Roberto Zaccaria del Pd, ed ex presidente Rai. «È riprodotto quasi in fotocopia ad ogni elezione, la postilla di buon senso per Monti o Grillo era implicita. Però non si parla di sanzioni». Lo stesso sospetto coglie Vincenzo Vita, sempre Pd: «Il testo è il solito calco che si riproduce ad ogni competizione elettorale. Si tratta si verificare se l’Agcom è davvero intenzionata a far rispettare la par condicio o se invece pensa di limitarsi a qualche richiamo».
Il più polemico è Guido Crosetto, cofondatore di Fratelli d’Italia, che parla di «prove di regime tv», sottolineando come il presidente della Rai (Anna Maria Tarantola), il suo dg (Luigi Gubitosi) e il presidente dell’Agcom (Angelo Marcello Cardani) «tutti nominati da un presidente del Consiglio che all’epoca era super partes, si sono applicati per portare a casa la prima norma ad personam della Terza Repubblica per consentire a Monti di fare campagna elettorale in regime di par condicio senza nemmeno candidarsi».
Giorgio Lainati del Pdl se la prende con Rai e Agcom che «si piegano alla volontà  del premier, candidato-non candidato» ma pure con Bersani «che si permette di attaccare ancora il presidente Berlusconi per le sue presenze in tv, dopo un anno di silenzio. Fortunatamente gli italiani non sono scemi ed hanno bene in mente la recentissima occupazione dei canali pubblici e privati da parte dei candidati alle primarie del centrosinistra».

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