Landini: «Basta accordi separati» Oggi lo sciopero della Fiom

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ROMA Maurizio Landini questa mattina sarà  a Milano e domani a Padova. Lo sciopero generale dei metalmeccanici è stato suddiviso territorialmente su due giorni per avere più visibilità .
Landini, perché la Fiom torna in piazza?
«Torniamo in piazza per il lavoro e la democrazia. Per il lavoro siamo di fronte alla cancellazione del contratto nazionale confermata dall’accordo separato sulla produttività  come strada per uscire dalla crisi. Per la democrazia perché tutte queste cose avvengono evitando che i lavoratori si esprimano con il voto».
Mentre voi sarete in piazza probabilmente Federmeccanica, Fim, Uilm e Ugl firmeranno il rinnovo del contratto ancora separato…
«Un altro accordo separato gravissimo. Un allargamento del modello Fiat a tutto il settore metalmeccanico con un abbassamento dei minimi contrattuali, del ruolo delle Rsu, con la messa in discussione del diritto alla salute tramite il non pagamento dei primi tre giorni di malattia. La cosa grave è che la piattaforma di questo accordo l’ha presentata Federmeccanica e gli altri sindacati l’hanno avallata. Faremo di tutto, sia sul piano contrattuale che giuridico perché possa essere bloccato». Dopo l’uscita di Fiat da Federmeccanica, gli stessi dirigenti avevano contestato il modello Marchionne e l’inutilità  dell’articolo 8 che consentiva al Lingotto di derogare al contratto nazionale. Che cosa è successo poi?
«Le imprese stanno semplicemente utilizzando la crisi per portare a casa il più possibile su salari e diritti. Una visione miope perché uscire dalla crisi in questo modo renderà  ancora più difficile la ricostruzione del Paese».
In piazza oggi e domani non sarete soli. Ci saranno gli studenti con voi. Cosa vi unisce?
«In quasi tutte le manifestazioni regionali parteciperanno gli studenti e quasi dovunque interverranno dal palco per i comizi finali. C’è una congiunzione di fondo con loro che sta nella difesa del lavoro, della conoscenza e del sapere. Siamo il Paese europeo con i salari fra i più bassi, il più grande livello di precarietà , il livello più basso di investimenti in ricerca pubblica e del settore privato. Ci unisce l’attacco ai diritti al lavoro e la sostanziale privatizzazione della scuola e dell’università . Ci unisce la richiesta di un’inversione di tendenza, di un fortissimo aumento degli investimenti per alzare la qualità  della conoscenza e del lavoro. In più condividiamo la necessità  di un nuovo modello di sviluppo che punti a produzioni più sostenibili ed ecologiche».
Voi parlate chiedete democrazia. Sappiamo che si appella alla “privacy” per non dire se e chi ha votato. Ma cosa ne pensa del successo indiscutibile delle primarie del centrosinistra?
«Sono state un fatto molto importante per riavvicinare le persone alla politica e alle decisioni. Faccio però notare che moltissimi metalmeccanici sono andati a votare, ma ora si trovano nella demenziale situazione di non poter votare all’interno delle loro fabbriche sulle decisioni e i contratti che cambiano la loro vita. Per questo noi con lo sciopero chiediamo una legge sulla rappresentanza che faccia tornare la democrazia nelle fabbriche. E ribadiamo la richiesta dell’abolizione dell’articolo 8 che permette di derogare al contratto nazionale in ogni azienda, l’abolizione delle modifiche all’articolo 18, una lotta maggiore all’evasione fiscale». Richieste che avevate già  fatto ai partiti a giugno. A quell’incontro era presente Pier Luigi Bersani: il vincitore delle primarie che quel giorno si impegnò a cancella-
re l’articolo 8 e fare una legge sulla rappresentanza, mentre fu meno propenso a rimettere mano all’articolo 18. Come valuta la sua vittoria e la sconfitta di Renzi?
«A me interessano le cose che si faranno. Certo che avere come modello le proposte sbagliate di Ichino, come aveva Renzi, non andava nella direzione giusta. Detto questo non ne faccio una questione personale, ma politica: il problema è intervenire. Da giugno ad oggi vedo un quadro economico peggiorato, il 2013 si preannuncia drammatico con a rischio la tenuta sociale del Paese. Per questo credo che quelle richieste siano ancora più urgenti assieme ad un piano di investimenti pubblici che salvi la nostra industria».
E qua si arriva al tema dell’Ilva. Voi avete difeso l’operato della magistratura. Lo farete anche quando chiederà  l’incostituzionalità  del decreto? Non c’è illogicità  nell’appoggiare magistrati che sostengono che solo chiudendo lo stabilimento si tutela la salute?
«La Fiom continuerà  a rispettare la magistratura ma non vedo possibile chiudere un’azienda per risanare il territorio. L’esempio dell’area di Bagnoli a Napoli lo dimostra: azienda chiusa e nessuna bonifica. Il decreto è un passo avanti perché le prescrizioni dell’Aia diventano legge. Il problema che vedo io è che l’Ilva non è in grado di pagare i 4 miliardi necessari. E allora io rilancio il tema dell’intervento pubblico».


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