LE SPERANZE DELL’AMERICA

Loading

Dopo una durissima campagna elettorale, costata molto più di 2 miliardi di dollari, molti osservatori hanno l’impressione che non molto sia cambiato nella politica Usa. Barack Obama è tuttora presidente, i repubblicani continuano ad avere il controllo della Camera dei Rappresentanti e i democratici conservano la maggioranza al Senato. Col nuovo anno, l’America fronteggerà  il «fiscal cliff» (dirupo fiscale): un meccanismo automatico di aumento delle imposte e taglio delle spese, probabilmente destinato a spingere l’economia verso la recessione, a meno che non si trovi un accordo bipartisan su una politica fiscale alternativa. In queste condizioni, cosa si può immaginare di peggio di una perdurante situazione di stallo?
Di fatto però, le elezioni hanno avuto alcuni effetti salutari. Per prima cosa, hanno dimostrato che neppure le spese più sfrenate dei gruppi privati bastano a comprare il risultato elettorale; e che il cambiamento demografico in atto negli Stati Uniti potrebbe segnare la fine dell’estremismo del Partito repubblicano. La campagna di “disenfranchisement” (esproprio dei diritti civili) condotta da questo partito, ad esempio in Pennsylvania, tentando di ostacolare in tutti i modi il voto dei latinos e degli afro-americani, ha avuto un effetto boomerang: di fronte a questa minaccia, molti si sono sentiti doppiamente motivati a impegnarsi per esercitare i loro diritti. Tanto che nel Massachussetts una personalità  come Elizabeth Warren, docente di diritto a Harvard e infaticabile combattente per difendere i comuni cittadini dagli abusi delle banche, si è conquistata un seggio al senato.
Sembra che alcuni dei consulenti di Mitt Romney siano stati colti di sorpresa dalla vittoria di Obama, convinti com’erano che l’interesse degli elettori fosse focalizzato solo sui problemi economici del momento. Li ritenevano evidentemente incapaci di ricordare che proprio la deregulation, fortemente voluta dai repubblicani, ha portato l’economia sull’orlo della catastrofe; e che è stata la loro intransigenza al Congresso a contrastare una politica più adatta a fronteggiare la crisi del 2008.
I repubblicani avrebbero inoltre fatto meglio a non sottovalutare l’interesse dei cittadini per tematiche come quelle dei diritti civili e della parità  tra i generi. Queste questioni sono parte essenziale dei valori di un Paese, di ciò che si intende per democrazia e tutela dell’individuo contro l’eccessiva intrusione dei poteri statali. E oltre tutto, questi problemi hanno anche una valenza economica. Come ho spiegato nel mio libro The Price of Inequality (Il prezzo della disuguaglianza) le crescenti sperequazioni economiche negli Usa vanno in gran parte ascritte alla sproporzionata influenza esercitata sui governi dai ceti più abbienti, col solo scopo di trincerarsi dietro i loro privilegi. Ma ovviamente, anche i problemi inerenti ai diritti in materia riproduttiva, o al matrimonio tra gay, hanno implicazioni economiche di rilievo.
A fronte dei problemi di politica economica del prossimo quadriennio, è comunque il caso di rallegrarsi per l’esito delle elezioni, soprattutto per lo scampato pericolo: gli Stati Uniti rischiavano di vedersi imporre misure che avrebbero aggravato le tendenze recessive, inasprito le sperequazioni, costretto gli anziani a sacrifici sempre maggiori e precluso a milioni di cittadini l’accesso alle cure mediche.
Detto questo, oggi gli americani dovrebbero augurarsi una serie di importanti misure: innanzitutto una legge veramente efficace per il lavoro, basata su investimenti nella scuola, nell’assistenza sanitaria, nella tecnologia e nelle infrastrutture, con l’obiettivo di stimolare l’economia, rilanciare la crescita e ridurre la disoccupazione, generando così un incremento del gettito fiscale di gran lunga superiore ai costi. In secondo luogo, una serie di interventi finalizzati a risolvere la crisi degli alloggi provocata dall’ondata di sfratti e pignoramenti di case. In terzo luogo, un ampio programma per promuovere le opportunità  economiche e ridurre le disuguaglianze, affinché nei prossimi decenni l’America cessi di essere il Paese sviluppato con le maggiori sperequazioni e il più basso livello di mobilità  sociale. A tal fine dovremmo avere un sistema fiscale equo e più progressivo, eliminando le distorsioni e le scappatoie che concedono agli speculatori e ai miliardari aliquote effettive inferiori a quelle imposte a chi lavora per vivere, o di ricorrere alle Isole Cayman per non pagare il dovuto.
Una diversa politica energetica di Washington sarebbe vantaggiosa non solo per gli Usa ma per il mondo intero: non dovremmo limitarci ad accrescere la produzione interna, ma focalizzarci soprattutto sul risparmio energetico, a fronte dei rischi del riscaldamento globale. In campo scientifico e tecnologico, la politica americana dovrebbe tenere conto dell’importanza di disporre di strutture solide nel campo della ricerca di base, per conseguire gli incrementi di produttività  indispensabili a migliorare a lungo termine il tenore di vita della popolazione. Infine, gli Stati Uniti hanno bisogno di un sistema finanziario non fine a se stesso. Un sistema posto al servizio della società , e non centrato su attività  di tipo speculativo. La normativa per il settore finanziario va dunque riformata, con leggi anti-trust e di corporate-governance, e con misure attuative adeguate, per evitare che i mercati si trasformino in qualcosa di molto simile a un casinò.
La globalizzazione, con la crescente interdipendenza di tutti gli Stati del pianeta, comporta anche la necessità  di una maggior cooperazione. Dovremmo augurarci che l’America assuma un ruolo di guida in un’azione di riforma del sistema finanziario globale, attraverso regole internazionali più rigorose e un sistema di global reserve. Dobbiamo trovare modi migliori per affrontare i problemi della ristrutturazione dei debiti sovrani, del riscaldamento globale, della democratizzazione delle istituzioni economiche internazionali, e per dare aiuto ai Paesi più poveri.
Pur esortando gli americani a sperare che tutto questo possa accadere, personalmente non sono molto ottimista. È più probabile che l’America si accontenti di tirare avanti con una serie di misure parziali: un altro piccolo programma per gli studenti in lotta o per i proprietari di alloggi, o la revoca dei tagli d’imposta concessi da Bush ai milionari. Ma non c’è da aspettarsi una riforma generale del sistema fiscale, e neppure una drastica riduzione delle spese militari, o un progresso significativo per contrastare il riscaldamento globale.
La crisi dell’euro, probabilmente destinata a protrarsi, e il perdurante disagio dell’America, non sono di buon auspicio per una crescita globale. Ma il peggio è che in assenza di una forte leadership americana, i problemi globali che da tempo ci assillano – dal cambiamento climatico alla pressante necessità  di riforme del sistema monetario internazionale – continueranno ad aggravarsi. Eppure, malgrado tutto, dobbiamo essere riconoscenti: meglio restare fermi che correre nella direzione sbagliata.
© Project Syndicate, 2012  traduzione di Elisabetta Horvat


Related Articles

Papa Francesco: «Non siamo neutrali, stiamo con la pace»

Loading

«L’umanità deve porre fine alle guerre o sarà una guerra a porre fine all’umanità». Il Cremlino dice sì alla presenza del papa e di Biden nei colloqui proposti da Macron in cerca di una soluzione al conflitto

«Gestione dei soccorsi clientelare e razzista». Bufera sul governo turco

Loading

IL TERREMOTO Le accuse degli sfollati: poche tende e assegnate a chi vogliono loro. Polemiche su una frase anti-kurda di una conduttrice tv

Lacrime e rabbia ai funerali del rapper ucciso

Loading

GRECIA/ALBA DORATA
ATENE. «Che vengano tutti a salutare mio figlio», aveva chiesto il padre del 34enne metalmeccanico antifascista e rapper Paulos Fyssas, assassinato in un agguato da un neonazi di Alba Dorata mercoledì notte vicino al Pireo. E in centinaia hanno riempito ieri mattina l’isolato cimitero di Sxistos, in una delle più povere e abbandonate periferie delle aree metropolitane del Pireo e Atene.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment